Le targhette sopra la cassetta della posta della famiglia Empereur
Un intero paese è sgomento, frastornato. Nessuno tra i duemila abitanti di Aymavilles, borgo all’imbocco della Val di Cogne, a una decina di minuti di macchina da Aosta, riesce a capacitarsi dell’immane tragedia accaduta a mezzanotte di giovedì nella casa della guardia forestale Osvaldo Emperur: la moglie ha ucciso i suoi due figli, Vivien e Nissen, di 7 e 9 anni, e poi si è tolta la vita. Come è stato possibile? Un gesto di improvvisa follia? Eppure Marisa Charrère, 48 anni, infermiera, ha lasciato sul tavolo del salotto due brevi lettere scritte a mano e indirizzate al marito con una frase il cui contenuto mostra tutta la pena profonda che si portava dentro, e chissà da quando: «Non ce la faccio più». Cosa ha potuto scatenare l’orribile carneficina? Dare una risposta è difficile. La ricostruzione dei fatti dice che la donna avrebbe praticato ai piccoli, dopo averli sedati, un’iniezione letale, un cocktail di farmaci a base di potassio presi dal reparto, poi ha adagiato i due corpicini esanimi e ancora vestiti sopra un divano nella camera degli ospiti, a piano terra dell’abitazione. Infine, l’ultima puntura mortale, sul suo braccio. È stato il marito, tornato poco dopo da una serata trascorsa con amici, a trovarla, riversa sul pavimento del soggiorno. Nell’altra stanza i bambini sembravano dormire. Ma quando l'uomo si è accorto che erano morti, ha cominciato a gridare ed è scappato in strada. Poi è piombato in uno stato di choc che ha reso necessario il suo ricovero in psichiatria.
Ad Aymavilles conoscevano bene l’infermiera che lavorava nel reparto cardiologia dell’ospedale del capoluogo: una donna dolce, tranquilla, senza grilli per la testa. Vicini, conoscenti e chi la vedeva ogni giorno andare venire da Aosta, portare a scuola i bambini o rientrare a casa con le borse della spesa, la ritenevano «un tipo assolutamente normale, forse soltanto un po’ chiusa». Comunque, mai il pur minimo segno di squilibrio, mai un litigio o uno screzio con chicchessia. E adorava i figli. La domanda che lacera ancora gli animi degli abitanti di Aymavilles e dintorni è: "Come è stato possibile?" «Dietro a tragedie come questa si celano spesso una profonda solitudine e una tremenda fatica del vivere – è il commento il vescovo di Aosta, Franco Lovignana –. Di fronte al grande dolore della famiglia e della comunità per un fatto che ci ha sconvolto tutti, c’è bisogno di pregare e di ricostruire con urgenza reti e relazioni di vicinanza e prossimità». Il prelato, di ritorno venerdì sera da Roma, oggi si reca ad Aymavilles per incontrare i parenti delle persone scomparse, le autorità locali e i fedeli che si riuniranno nella chiesa del Cristo Re (che si trova proprio nella stessa via della casa dove è avvenuto l’infanticidio-suicidio). Con monsignor Lovignana ci sarà il nuovo parroco don Gianrenato Roux, arrivato in paese da pochi giorni. «Cercherò parole e gesti per accompagnare la comunità, e soprattutto i bambini, in questo difficilissimo momento per Aymavilles e la vallata» ha precisato il vescovo.
Le indagini sono dirette dal sostituto procuratore Carlo Introvigne e condotte dagli agenti del commissariato di Aosta. Per il momento non si trascura nessuna ipotesi, dicono gli inquirenti, compresa quella di possibili dissidi familiari. «Non so se lei fosse depressa, non ha mai dato avvisaglie – racconta ai cronisti Simone Reitano, un vicino di casa –. Non li ho mai sentiti urlare, era una famiglia modello, affiatatissima. I bambini giocavano spesso qui in cortile, con la bici, e andavano in montagna a fare passeggiate». Amavano lo sci, Vivien e Nissen, una passione nata grazie al nonno Mauro che in gioventù era stato un istruttore. Passando davanti alla palazzina su due piani dove è avvenuta la tragedia si vedono sopra la cassetta della posta i nomi dei componenti della famigliola distrutta: ci sono tutti e quattro, Marisa, Osvaldo, Vivien e Nissen. La madre della donna, Maria, vive nell’appartamento accanto. Oggi sarà effettuata l'autopsia sui tre cadaveri: l'esame dovrà stabilire le esatte cause della morte e il tipo di farmaci usati per sedare e poi uccidere i bambini.
«L’avevo vista sabato, in occasione dell’arrivo del nuovo parroco, e tutto sembrava a posto, è stato un gesto inaspettato» dice con le lacrime agli occhi il sindaco di Aymavilles, Loredana Petey. «Non abbiamo colto la sua grande sofferenza» è il rammarico dei colleghi di Marisa, rimasti anche loro attoniti e sorpresi.
Nella vita di Marisa Charrère sono avvenute due tragedie che l’hanno fortemente segnata: da giovane perse il papà in un incidente stradale, la stessa sorte era poi toccata nel 2000 al fratello Paolo, investito mentre stava togliendo la neve sulla strada regionale di Cogne.