Il gran pastrocchio sul redditometro porta alla luce, dietro i fatti, due problemi annidati nella maggioranza di centrodestra. Il primo è anche il più preoccupante. Perché appare evidente che all’origine di questo pasticcio ci sia un bisogno, che ha indotto il viceministro Leo (meloniano di ferro) a dar vita a questo decreto già pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale che voleva riportare in auge l’accertamento sui redditi dei contribuenti tramite i dati sullo stile di vita: quello di trovare da qualche parte nuovi fondi davanti alla grave situazione del bilancio pubblico che si paleserà dall’autunno, fra misure da confermare (per non fare brutte figure) come i tagli fiscali e le nuove ristrettezze che porterà il Patto di stabilità riformato. Perché, come sempre, al tirar delle somme sui numeri c’è poco da discutere, al di là della propaganda: da qualche parte i soldi andranno trovati. Non può essere che l’esigenza di far cassa la motivazione che ha spinto Leo a “scongelare” un decreto che era in sonno da 6 anni, ma che ora è stato ritenuto talmente urgente da vararlo a meno di 3 settimane dalle Europee. Al pari delle manovre con cui il governo Meloni sta conducendo (con una strategia?) le privatizzazioni “a spizzichi e bocconi”: un pezzettino di Mps, uno di Eni, in attesa dei “piatti” più impegnativi. È questa accelerazione ad aver fatto infuriare la leader di Fdi, che probabilmente si era troppo fidata del suo tecnico di fiducia (almeno fino all’altroieri). D’altronde è la stessa Meloni che nel 2018 scriveva allarmata sui social “No allo Stato guardone che vuole spiare tutti i vostri acquisti”. Stavolta la coerenza da rivendicare l’ha portata a fare un video in cui, con grande nonchalance, difende il decreto in quanto varato per contenere la presunta “invasività” lasciata da Conte e Renzi, ma subito dopo ne annuncia la sospensione. Meraviglie della politica! L’altra fonte di timori riguarda la pratica quotidiana di governo dei dossier economici. Non è la prima volta che il centrodestra, unito alla guida del Paese dal collante del potere, si mostra poi scoordinato nella gestione operativa: l’avevamo visto sulla tassazione degli extraprofitti bancari, chiusa con una clamorosa marcia indietro, e solo una settimana fa con la retroattività sul Superbonus dove invece Giorgia ha imposto alla fine la sua linea. Che, però, stavolta coincide con la volontà di Lega e Fi. E il cortocircuito è chiuso.
I due problemi del centrodestra: lo scontro su dove trovare i soldi che serviranno nei prossimi mesi e la gestione dei dossier economici. E, come sulle banche, si rinuncia a una mossa giusta
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