Marco Testa, per prima cosa, voi pubblicitari individuate il target, il bersaglio. In questo caso chi è?Il target primario sono i giovani, raggiunti in alcuni luoghi di aggregazione. Nelle scuole, nelle parrocchie, negli oratori. Principalmente giovani in età scolare, preadolescenti, adolescenti. Il messaggio è mirato a loro. Il tono della comunicazione credo potrà piacere a questo target, poiché è curioso, di impatto, si fa notare, se lo immaginiamo affisso su una locandina in un corridoio scolastico. Il fatto poi che, in questi luoghi, professori ed educatori possano riprendere il tema, discutendone assieme, mi sembra un grande valore aggiunto per cogliere l’occasione, a partire dalla campagna, per affrontare in modo più esaustivo il tema.
Una parola come un proiettile capace di "uccidere". Qualcuno (non noi) potrà obiettare che è la solita esagerazione…Basterebbe leggere i giornali degli ultimi anni per scoprire episodi di violenza terribili per ognuno dei casi rappresentati. Proprio la settimana scorsa l’episodio di violenza su un ragazzo sovrappeso. Purtroppo sono cose che succedono davvero. Ma esiste un secondo motivo per cui ritengo che l’idea e il tono utilizzato siano adeguati. La comunicazione ha bisogno di stimoli, di idee. Di emergere. Una campagna sociale troppo morbida, leggera, raccontata passerebbe inosservata. Questo non legittima i comunicatori a sviluppare idee aggressive o linguaggi esagerati fini a se stessi. Ma la campagna che abbiamo realizzato è, a mio avviso, un ottimo esempio di creatività e allo stesso tempo di responsabilità. Semplicemente buca. E porta a riflettere. Sarebbe poi molto bello che on line si sviluppasse la partecipazione della gente, per valorizzare le differenze e raccontarne la bellezza. Con un tono leggero, sereno, positivo, che meglio può svilupparsi in rete.
Una campagna per i media e per la gente comune, per rivedere i nostri comportamenti quotidiani. Una campagna anche per il mondo della pubblicità?Noi cerchiamo sempre di fare al meglio il nostro lavoro. Non voglio parlare di altri o di altre campagne. Certo è che, in ambito sociale, gli esempi memorabili sono troppo spesso stranieri. Quindi, in un certo senso, spero che questa campagna offra un buon esempio italiano di comunicazione di qualità. Efficace. Sintetica. Diretta. Un linguaggio poi che può parlare anche a un pubblico globale. Credo possa piacere e funzionare anche su un ragazzo inglese, francese o americano. Parla una lingua universale, secondo un filtro creativo che ci contraddistingue.
La sua agenzia non è nuova alle campagne sociali, come quelle per Amnesty e la Croce Rossa. Perché le fate?C’è qualcosa di magico nella comunicazione sociale. È un genere particolarmente nobile. Mette alla prova la creatività nel profondo, toccando le corde più intime delle persone. Per un’agenzia è una sfida molto stimolante. Si tratta di allenarsi a cogliere l’essenza dell’animo umano. Solo conoscendo le persone, si è in grado di convincerle o stimolarle ad una riflessione. C’è poi un aspetto di sensibilità individuale. Quando si propongono progetti sociali, in Agenzia, sono davvero molti i creativi pronti a dedicare tempo e idee. E lo fanno con grande entusiasmo. Nonostante nessuno ci guadagni.
Come commenterebbero questa campagna sul Pianeta Papalla? E soprattutto Carmencita? Può dircelo anche in prosa…Da quei pianeti applaudirebbero certamente. Per la capacità innovativa del progetto. Che unisce la creatività del messaggio alla riflessione di partner attivi nella comunicazione sociale, attraverso i propri giornalisti. È la prima volta che si mettono allo stesso tavolo un’Agenzia creativa, con un’anima responsabile e un innato amore per il proprio Paese,
Famiglia Cristiana,
Avvenire e
Fisc. Se ci fosse poi qualche altra impresa che volesse sostenerne la diffusione, sarebbe certamente benvenuta.