Un evento ormai prossimo, il Giubileo, e un Messaggio, le parole di pace che ogni anno scandiscono quelle di ogni giorno, in questo tempo in cui due guerre tengono la pace lontana nel cuore dell’Europa e in Terra Santa.
Il nuovo anno di papa Francesco ha preso subito queste due strade. Non è difficile, infatti, vedere per quali vie il tema del Messaggio per la pace – “L’intelligenza artificiale e la pace” – conduca al cuore del Giubileo che si prepara, il primo del dopo-Wojtyla, il Papa che condusse la Chiesa al varco del Terzo millennio. Si parlò, allora, di “primo Giubileo dell’era telematica”, per segnalare il cammino già in atto, e di lì a poco vorticoso, delle nuove tecnologie informatiche pronte a trasformare il mondo della comunicazione. Sembrava però solo una faccenda riguardante i media. Il Web c’era, ma muoveva i primi passi; e così i social, che facevano il loro ingresso, seppure in maniera già tumultuosa e senza chiedere permesso. Come non pensare oggi al grande salto segnalato nel Messaggio per la pace numero undici del pontificato di Francesco?
È un documento che allarga a dismisura il campo di applicazione del digitale: un mondo, non più un settore. Parla di scenari in parte già in atto e di altri che si preparano, della molteplicità di algoritmi, l’alfabeto costitutivo di un’intelligenza artificiale che c’entra - e molto - nientemeno che con le prospettive di pace.
Se il Papa arriva a dire che «il mondo non ha proprio bisogno che le nuove tecnologie contribuiscano all’iniquo sviluppo del mercato e del commercio delle armi, promuovendo la follia della guerra»; e ad ammonire «che se gli sviluppi tecnologici non portano a un miglioramento della qualità della vita di tutta l’umanità, non potranno mai essere considerati vero progresso», allora, la riflessione viene da sé. E con il Giubileo ormai alle porte, richiama il divario che si è prodotto tra un tempo e l’altro dei due Anni santi del Terzo millennio.
Il passaggio dalla prospettiva di un Giubileo telematico a una realtà in cui le pur “entusiasmanti opportunità” nella sfera digitale presentano tuttavia “grandi rischi”, dà la misura di come l’Intelligenza artificiale sia diventato il punto estremo di un processo segnato a doppia mandata dall’intervallo di tempo e dalla natura degli eventi che lo accompagnano. Un quarto di secolo, rapportato al corso velocizzato degli accadimenti, appare il tempo giusto di decantazione della Cronaca in Storia. E, per l’altro verso, il Giubileo può dare oltre che un nome, il senso a un tempo che non può rimanere indistinto.
L’Anno santo, con la sua cadenza venticinquennale, sta diventando sempre più l’unità di misura dei cambiamenti della storia. Tenendo conto della sua natura popolare, il Giubileo rappresenta un grande segnatempo e una memoria straordinaria per la Chiesa e per un mondo sempre più scosso e disorientato. Ogni suo cammino lascia tracce e porta allo scoperto, più di ogni altro evento religioso, il carattere del sacro nella vita quotidiana. Nel suo significato più corrente è come una grande e multiforme “assemblea sinodale” all’aperto e in movimento. Si può ritenere quindi l’Anno santo come il ponte di passaggio dal quale osservare e prendere nota di cambiamenti in atto. Ponendo sotto i riflettori il rapporto tra Intelligenza artificiale e pace, papa Francesco ha aperto una grande riflessione a partire dalla questione delle nuove tecnologie informatiche.
Il ricordo del “Giubileo telematico” all’inizio del duemila riconduce al clima tutto diverso di quella stagione di chiesa e di vita ordinaria. A riguardarlo dalle tragedie e dalle inquietudini dall’oggi, il Duemila fu davvero un anno di tregua, come quella proclamata dal suono del “jobel”, il corno del montone che, in Levitico 25,9, annunciava l’anno giubilare. Quel “riposo” delle armi in molte parti del mondo, e il tono dimesso di una cronaca insolitamente avara sul fronte delle sciagure o devastazioni per mano della natura o dell’uomo si trasformò in un planetario e commovente atto di omaggio al passaggio tra un millennio e l’altro. Durò poco quella sorta d’incanto. Venne l’11/9, la pagina orribile che è riuscita, per un tratto, a oscurare finanche la speranza. Poi le guerre di rivalsa in Medio Oriente, le tragedie delle migrazioni, le devastazioni della natura, fino ai conflitti ancora in corso in Ucraina e in Terra Santa. Un quarto di secolo violento e brutale.
Ancora di più ha senso, di fronte a questo drammatico cambio d’epoca, richiamarsi al Giubileo come a una storia che a un tratto ha bisogno di un riepilogo e di mettere ordine nei suoi capitoli. Ѐ sempre stato così, almeno a partire dalla modernità, già in quello del 1950, che segnò il grande ritorno dopo l’interruzione per la guerra, con la grande assemblea di circa 600 vescovi di tutto il mondo richiamati a Roma per la proclamazione del dogma dell’Assunzione di Maria. Particolarmente poi per l’Anno santo del dopo-Concilio, che, nel 1975 già annunciava quello del millennio. Ogni Giubileo finisce, in realtà, per portare con sé una storia nuova, dal momento che “entra” e talvolta guida, le vicende in corso. È per questo che al “Te Deum” di fine anno, indicando l’orizzonte del Giubileo 2025, e di una Roma “città della speranza”, Francesco ha segnato anche il tempo della “grande vigilia”.