martedì 14 gennaio 2014
​Il dirigente lombardo della Sanità: l'Aifa sapeva, convenzione con gli Spedali civili di Brescia alla luce del sole.
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​A sentirsi chiamare “raccomandato” proprio non ci sta. Specie se l’appellativo arriva da «soggetti inquisiti», come sono i padri di Stamina Davide Vannoni e Marino Andolina, interessati solo «a gettare fango sugli altri per tirarsi fuori dai pasticci». Luca Merlino è il direttore vicario dell’Unità organizzativa servizi sanitari della Regione Lombardia. Da qualche tempo è a casa dal lavoro, «per motivi di salute». Il suo nome è entrato più volte nella vicenda, a cominciare dal luglio scorso, quando Avvenire pubblicava in esclusiva le carte del ministero sul caso. Oltre a occuparsi dell’ingresso di Stamina agli Spedali di Brescia, Merlino – che soffre di una malattia neuromuscolare – figurava infatti già in quei documenti fra i pazienti che si sono sottoposti alle infusioni. «Oggi si parla di conflitto d’interesse, ma le cose non stanno così». A cominciare da una richiesta arrivata in Regione proprio dal ministero della Salute.Come è iniziato il suo coinvolgimento col metodo Stamina?Nel 2010 ci venne sottoposto il caso di un bambino in cura a Trieste con le cellule mesenchimali prodotte al San Gerardo di Monza. Si trattava di una caso gravissimo, che richiedeva un intervento urgente. A noi spettava il compito di vagliare delle strutture in Lombardia dove fosse possibile proseguire la cura compassionevole.Chi vi sottopose il caso?Gli uffici del ministero della Salute, ovviamente.Che accadde?A Trieste era stato già dato il via libera a questo metodo Stamina, di cui per la prima volta personalmente sentivo parlare. Organizzammo dei tavoli di incontro con la Stamina foundation per capire il da farsi.Incontrò Vannoni e Andolina?Sì, ma certo non di nascosto. Come non di nascosto venne siglata nel 2011 la convenzione tra Stamina e gli Spedali civili di Brescia. Ci sono fior fior di scambi di e-mail (alcuni già resi pubblici e altri no) e relazioni in cui è dimostrato che la vicenda era sotto gli occhi sia dell’Aifa che del ministero della Salute. Ma lei poi effettivamente si è sottoposto a delle infusioni a Brescia?Sì, ma questa è un’altra storia. Lì è entrata in gioco la mia vicenda personale: le persone sono un tutt’uno, non sono fatte a pezzettini. Io sono malato e ho visto in quelle infusioni una possibilità: questo non significa che abbia abusato della mia posizione o che sia passato davanti ad altri pazienti, ai bambini malati. Dove sta scritto che se una persona che ha un ruolo di responsabilità si ammala non può curarsi?L’accusa è arrivata dallo stesso Andolina...Che è un soggetto inquisito e che ha tutto l’interesse ora di gettare fango su altri.Lei non era al corrente che mentre a Brescia le infusioni avvenivano a carico del Servizio sanitario nazionale alcuni pazienti pagavano migliaia di euro a Stamina per le sedicenti cure?Assolutamente no.Lei ha pagato per le infusioni?No, io le ho ricevute agli Spedali civili di Brescia.E quante volte?Tre.Incontrò Vannoni?Sì. E non era vestito da medico.Grazie alle infusioni la sua malattia è migliorata?È una domanda a cui non voglio rispondere.
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