sabato 8 giugno 2024
Il numero di persone interessate dalla patologia tra i 4 e i 5 milioni. Gli esperti: è una malattia, non un fattore di rischio. L’80% dei bimbi rimane obeso. La strada della chirurgia bariatrica
Gli italiani sono sempre di più in sovrappeso, ma l'obesità ha troppi rischi

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Hamburger grondanti di salse, dolci ricoperti di creme e fritti di ogni genere. Sui social, il cibo è ovunque. Ed è, spesso, malsano e ipercalorico. «È più comodo – sostiene Silvio Buscemi, presidente eletto della Società italiana obesità (Sio) – commercializzare il cibo spazzatura. Online, chi fa pubblicità è abile ad affascinare anche i più piccoli». A rischio è la salute degli italiani, sempre più in sovrappeso. In Italia, il numero di persone che convivono con obesità è altissimo ma impreciso: si oscilla dai 4 milioni rilevati da Istat nel 2021 ai 6 milioni della sorveglianza Passi (coordinata dall’Istituto superiore di sanità). Non va molto meglio fra i minori: il 12,1% dei ragazzi fra i 5 e i 19 anni, con percentuali maggiori fra i maschi, sono obesi (dati pubblicati a febbraio sulla rivista The Lancet). E i numeri continuano a crescere (+5% dal 1990 in tutta Italia) specialmente al Sud, dove si toccano vette del 14% di popolazione obesa. Le conseguenze sono gravissime per i pazienti, a rischio di diabete secondario e malattie cardiovascolari. Ma anche per il Servizio sanitario nazionale: si stima che, entro il 2050, l’impatto economico dell’obesità raggiungerà in media l’8,4% della spesa sanitaria totale nei Paesi Ocse. Prima di tutto, sottolinea il presidente Sio Buscemi, «ricordiamo che l’obesità è una malattia e non un semplice fattore di rischio».

Perciò – rassicurano i medici – non mancano i trattamenti efficaci. In primis ¸ quelli chirurgici: «Ad oggi – spiega il dottor Giuseppe Navarra, presidente della Società italiana di chirurgia dell’obesità – la chirurgia bariatrica è l’approccio che consente la maggiore e più duratura perdita di peso». Non solo. Negli ultimi anni, il tempo di ricovero si è più che dimezzato, i pazienti non sono più costretti a cateteri o drenaggi, nel giro di poche ore dall’intervento riescono ad alzarsi dal letto. Eppure, per ogni operazione lo Stato rimborsa una cifra superiore ai 5mila euro e la platea dei beneficiari, pur in crescita, è sempre ridotta. A chi non può accedere alla chirurgia, rimane l’approccio farmacologico. Da non molto tempo, sono impiegati nel trattamento dell’obesità anche i farmaci destinati alla cura del diabete secondario. Che, però, non sono ancora alla portata di tutti. «Ho provato per un mese questi nuovi farmaci – racconta Marco Panzarino, 53 anni, ex nuotatore professionista giunto a pesare 179 chili per un metro e novanta – e avevo perso quasi quattro chili in un mese, ma il problema è che il medicinale non viene “passato” e non potevo permettermi di spendere 250 euro al mese».

Così, Panzarino è ricorso alla chirurgia bariatrica: «È come se fossi rinato dopo l’intervento », confessa. Pur essendo destinati a curare una platea più ampia, perciò, «non dobbiamo aspettarci che i farmaci da soli – sintetizza il presidente Sio – risolveranno un problema alla deriva, che ha bisogno di molta prevenzione». A partire dalle scuole e dalle famiglie. Secondo il report ministeriale “OKkio alla Salute”, l’80% dei bambini obesi rimane tale anche da adulto, a causa di compatibilità genetiche trasmesse e dell’influenza degli ambienti di formazione. Con gravi conseguenze: «C’è uno stigma forte sulle persone obese – sostiene Iris Zani, presidente dell’associazione Amici Obesi –. Nella percezione collettiva, anche fra i medici, c’è la colpevolizzazione del paziente come autore della propria malattia». Secondo Silvio Buscemi, presidente Sio, è una questione di educazione: «I genitori non sono preparati a formare i figli sul cibo e talvolta addirittura mal tollerano che la scuola, che deve combattere contro chi commercializza cibo spazzatura, adotti misure migliorative dei comportamenti alimentari».

Così, chi vive con obesità difficilmente riesce a liberarsi delle ripercussioni – anche psicologiche – in età adulta. «I problemi che viviamo con l’obesità – racconta Giovanna La Cognata, 63 anni – sono quotidiani: non troviamo vestiti adatti, in aereo le sedie sono troppo strette e in metro sbattiamo contro la gente». E ancora: «La chirurgia ti opera allo stomaco, non al cervello – ironizza Federica, 46 anni, operata da anni –. Io mi sento ancora altalenante e sfogo sul cibo». «Da sole non si fa niente – conferma suor Alba Balzano, 46 anni –. Io ho perso 50 chili con l’operazione, ma il 50% del lavoro lo ha fatto lo psicologo che lavorava assieme al dietologo. E poi, le sorelle mi hanno aiutata tantissimo: ora ne parlo volentieri con i più piccoli, perché è una testimonianza importante».

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