Nel Parlamento che si incarta in tecnicismi contrapposti - sulle unioni civili - diventano un caso le parole del cardinale Angelo Bagnasco volte semplicemente ad auspicare una riflessione più approfondita possibile, anche con l’ausilio del voto segreto. «Non era intenzione né del cardinal Bagnasco, né della Chiesa italiana entrare in argomenti di carattere tecnico», spiega il direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della Conferenza episcopale don Ivan Maffeis. «Di fronte alla posta in gioco con temi sensibili che toccano la vita di tutti - aggiunge -, il cardinale ha voluto sottolineare il valore della libertà di coscienza». Interpellato sull’argomento anche il segretario generale della Cei monsignor Nunzio Galantino si limitava a ribadire quanto già affermato in precedenza: «Per rispetto del Parlamento e delle istituzioni preferisco non parlare». Parla, invece, il presidente del Consiglio: «Voto segreto o no sulle unioni civili lo decide il Parlamento non la Cei, non, con tutta la stima e l’affetto, il cardinale Bagnasco », dice Matteo Renzi a
Radio anch’io . «A me piacerebbe il voto palese in cui un parlamentare spiega perché è a favore o contrario, ma il voto segreto è previsto dal regolamento e se ci saranno le condizioni il presidente del Senato, non il presidente della Cei - rincara la dose, il premier - deciderà ». Il diretto interessato, Pietro Grasso, chiamato a decidere nel merito, non 'censura' Bagnasco, in nome della libertà di espressione. «Però - aggiunge subito - sulle procedure penso che ci sia la prerogativa delle istituzioni repubblicane di decidere». Più secca la presidente della Camera Laura Boldrini che, ribadendo che nel merito «decidono i presidenti delle Camere», giudica «non pertinenti» altri «suggerimenti». Un auspicio «del tutto legittimo», invece quello di Bagnasco - per il cardinale di Napoli Crescenzio Sepe: «Un invito che qualunque cittadino può fare. È democrazia... ». Lo sostengono in tanti, a dire il vero, nel centrodestra e dentro Ap, a partire dal leader Angelino Alfano, che parla di «reazioni esagerate». Mentre Rocco Buttiglione definisce le polemiche «stupefacenti ». Ma anche nel Pd si levano voci in difesa della libertà di espressione del presidente della Cei. »Nessuna ingerenza», dice il senatore Stefano Lepri. «Ha diritto di dare un parere», interviene la collega Rosa Maria Di Giorgi. Mentre per Gian Luigi Gigli, di Demos, le levate di scudi nel governo sono indice di un «disagio». E anche Massimo Gandolfini, presidente del comitato organizzatore del raduno del Circo Massimo interviene a difesa di Bagnasco definendo il suo intervento del tutto «legittimo ». Ma, oltre le polemiche, prosegue il lavorio di chi - in vista del ritorno in aula martedì per iniziare la votazione nel merito - cerca ancora di correggere il testo e di arrivare a una stesura con più ampia condivisione. Otto deputati dem (Rubinato, Iannuzzi, Piccione, Bazoli, Preziosi, Taricco, Carrescia e Palma) chiedono da Montecitorio una «sintesi alta» ai colleghi di Palazzo Madama, sul nodo della
stepchild, con un rinvio del tema adozioni alla riforma dell’istituto. Ma pesa sul tutto il non risolto, e forse irrisolvibile, braccio di ferro fra ostruzionismo della Lega (che non ritira ancora i suoi 5mila emendamenti) e l’ 'emendamento canguro' del Pd. L’intestatario di questa proposta-tagliola, Andrea Marcucci esclude che sarà il Pd a chiedere voti segreti. Altra cosa è la libertà di coscienza, che potrebbe essere accordata - a quanto trapela dal gruppo del Senato - per più dei 3 casi di cui si è parlato. Ed è questo uno degli oggetti della trattativa interna con i 'cattodem', che ne avevano chiesti 9. Ma, appunto, se la Lega non fa il passo indietro, il 'canguro' diventerà inevitabile, per scongiurare il pantano in aula. Roberto Calderoli si appella a Grasso perché non metta ai voti l’emendamento Marcucci per primo, ma al momento non cede. «E questo certo non aiuta», spiega il deputato Alfredo Bazoli. Perché con l’emendamento- tagliola salterebbero anche gli emendamenti dei 'catto-dem', mentre sugli articoli 2 e 3 resterebbero in campo solo quelli blandi e 'istituzionali', concordati con Monica Cirinnà, firmati dal capogruppo in commissione Giustizia Giuseppe Lumia. In dubbio, invece, quello Pagliari che media attraverso la soluzione dell’affido pre-adottivo, «Meglio che niente», alle brutte, sintetizza Bazoli. Ma nella maggioranza è diffusa la consapevolezza che un intervento incisivo andrebbe allargato all’articolo 3, non restando solo all’articolo 5, per stralciare davvero il tema adozioni. L’Udc fa quindi suo l’appello del presidente emerito della Consulta Cesare Mirabelli. Lo cita il vicesegretario Antonio De Poli: «Ha ragione, si sta dalla parte dei bambini o dalla parte di chi vuole un bambino. Se togliamo le adozioni, un accordo ampio è ancora possibile», dice De Poli, rivolgendosi in primo luogo ai colleghi senatori 'catto-dem'.