Si tratta ancora, sulla sorte dei 49 migranti fermi in mare al largo di Malta senza un porto sicuro, che in queste ore hanno iniziato a rifiutare il cibo esasperati dalla situazione di empasse istituzionale che ormai li vede vittime innocenti da giorni. Uno spiraglio in queste ore sembrava potersi aprire grazie alle trattativa febbrili avviate dalla presidenza del Consiglio italiana, con il premier Conte convinto ad accogliere un gruppo di 15 migranti (non solo donne e bambini, ma anche mariti e padri) a patto che Malta concedesse lo sbarco dei profughi. Ma le autorità dell’isola ricordano di avere già salvato e accolto negli ultimi giorni 249 migranti, di cui cento resteranno a Malta, perciò i 49 recuperati dalle Ong «devono essere dislocati coinvolgendo ancora i Paesi Ue. Le navi umanitarie hanno chiesto lo sbarco in Italia, ma l’Italia ha detto no. Sono venuti vicino a Malta e noi abbiamo detto no allo sbarco ma sì a ripararsi dal maltempo», sostengono da La Valletta.
Dei 298 migranti che Malta avrebbe avuto nei suoi centri d’accoglienza (249 già sbarcati insieme agli altri 49 ancora in mare) Francia e Olanda sono disponibili a prenderne in carico entrambe 50. Portogallo, Lussemburgo, Svezia e perfino Romania ne avrebbero presi una trentina ciascuno e sull’isola ne sarebbero rimasti un centinaio. «La presidenza del Consiglio italiana, dopo essere stata in contatto con Bruxelles, aveva accettato di farsi carico delle famiglie con i bambini». Poi però è arrivato l’intervento di Di Maio che ha attaccato l’Europa, proponendo «di accogliere solo le donne con i bambini, separando così le poche famiglie a bordo», e ha accusato Malta «con parole che complicano le cose», ribadiscono le fonti maltesi.
Tutto da rifare dunque. Ed è ancora lo scontro istituzionale tutto italiano a tenere banco nella vicenda dei 49 abbandonati in mare. Matteo Salvini rimane fermo sulle sue posizioni. E torna a ribadirlo su Facebook, dopo aver augurato «dolci e dolcezza» a tutti i suoi sostenitori per la festività dell'Epifania. «"L'Italia non è Salvinia" dicono quelli della ong Sea Eye. Fate quello che volete, ma per chi non rispetta le leggi i porti italiani sono e rimarranno chiusi», scrive sul suo profilo. Il ministro dell'Interno non vuole proprio sentir parlare di accoglienza. Non, almeno, attraverso gli sbarchi. «Quanti migranti accogliamo? Zero. Abbiamo già dato», attacca il vicepremier del Carroccio, spiegando che sulla scrivania del Viminale ha firmato «il permesso di arrivare in Italia a centinaia di donne e bambini, riconosciuti in fuga da associazioni serie». Questo si può accettare, ma «poi basta».
Il primo passo, sottolinea Di Maio, lo deve fare Malta permettendo lo sbarco dei 49 migranti. Quindi l'Italia si prenderà carico di una decina di loro, donne e bambini appunto. Questa, scandisce il leader M5S in tour in Abruzzo, è «una decisione che prende il governo intero». Di Maio continua così a contrapporsi all'alleato leghista, peraltro mai menzionato o attaccato esplicitamente.
L'appello del Papa e la disponibilità della Chiesa
Intanto domenica anche Papa Francesco ha lanciato un accorato appello in favore dei 49 migranti a bordo della Sea Watch e Sea Eye, le navi delle ong che da giorni attendono di sbarcare in qualche porto del Mediterraneo. Durante l'Angelus il Pontefice si è rivolto ai leader d'Europa: «Da parecchi giorni quarantanove persone salvate nel Mare Mediterraneo sono a bordo di due navi di ong, in cerca di un porto sicuro dove sbarcare. Rivolgo un accorato appello ai leader europei, perché dimostrino concreta solidarietà nei confronti di queste persone».
L'appello è stato salutato positivamente dalla Commissione europea, che continua i suoi «sforzi per trovare una soluzione per uno sbarco rapido e sicuro delle persone a bordo». Lo ha detto il portavoce dell'esecutivo comunitario, Margaritis Schinas, aggiungendo che durante il fine settimana ci sono stati «contatti intensi e continui» e che la questione sarà all'attenzione della riunione degli ambasciatori del Coreper in programma oggi pomeriggio. Secondo il portavoce della Commissione «è necessaria più solidarietà degli Stati membri: questa situazione ci dimostra una volta di più che è necessario trovare delle soluzioni durature per il Mediterraneo». Schinas ha salutato positivamente l'appello di Papa Francesco ai leader Ue per permettere ai migranti di sbarcare: «Accogliamo con favore le parole di Papa Francesco che ha chiesto pubblicamente che si trovi una via d'uscita il prima possibile», ha detto.
Anche l'arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia interviene sul caso: «Voglio dichiarare la disponibilità della Chiesa torinese ad accogliere alcune delle famiglie che si trovano a bordo delle navi Sea Watch 3 e Sea Eye» ha detto in un passaggio dell'omelia della messa celebrata in occasione della Festa dei Popoli. «La nostra Chiesa, come si ricorderà - ha aggiunto Nosiglia - aveva già offerto questa disponibilità per i profughi della nave Diciotti, nel settembre scorso».
Per l'arcivescovo di Torino «si tratta di un gesto che ha un significato simbolico e spirituale ed è, allo stesso tempo, molto concreto. Simbolico perché ci pare estremamente necessario, in questo momento, lanciare un segnale preciso alle autorità istituzionali italiane e degli altri Paesi europei, sul significato dell'accoglienza. Spirituale, perchè mi domando, altrimenti, come facciamo a parlare e predicare di accoglienza dei bisognosi, se poi non ci mettiamo nelle condizioni di praticarla». «E molto concreto - conclude Nosiglia - perché stiamo parlando di persone: e ogni piccolo sforzo nella direzione di alleviare certe sofferenze, certi disagi, ha un grande valore, soprattutto se non saremo soli ad affrontare in questi termini il problema».
La disponibilità di Nosiglia ad accogliere, per altro, ricorda quella di numerosi vescovi che quest'estate intervennero sul caso della nave Diciotti bloccata in porto a Catania. In quell'occasione la situazione dei migranti si sbloccò proprio grazie all'intervento e alla mediazione della Chiesa.
Disponibilità all'accoglienza dei migranti in mare è stato offerta anche dal presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, pastore Luca Maria Negro, e dal presidente della Diaconia Valdese, Giovanni Comba. «Come Fcei siamo impegnati in un
partenariato con Open Arms, la ong che nei giorni scorsi ha salvato oltre trecento persone in mare - aggiunge Negro - e oggi sentiamo nostro dovere esprimere il sostegno attivo alla altre navi impegnate in azioni di soccorso che da giorni aspettano un
porto sicuro in cui attraccare». «Stiamo lavorando con i nostri partner per costruire un corridoio europeo e la città di Heidelberg e le
sue chiese hanno già manifestato la loro disponibilità all'accoglienza. Siamo pronti a farci carico del trasporto dei migranti nella loro destinazione finale e a collaborare per la loro accoglienza» aggiunge il presidente della Diaconia valdese Giovanni Comba.
A bordo della nave «ormai la situazione è insostenibile»
Dalla Sea Watch, intanto, il medico Franck Dorner parla di situazione «che diventa ogni giorno sempre più instabile con il livello di stress che cresce». Ma le navi restano in mare nei pressi delle coste maltesi. E la Sea Eye, che ha una delle sue imbarcazioni con 17 migranti a bordo ferma al largo di Malta in attesa di avere l'ok allo sbarco, chiede aiuto. «A bordo di #SeaWatch stiamo registrando episodi di persone che rifiutano il cibo. Temiamo che il loro stato psicologico e di salute possa peggiorare sensibilmente. Non possiamo credere che tutto questo stia accadendo a poche miglia dalle coste europee» fanno sapere dalla nave.
Intanto, da due settimane nessuna Ong pattuglia il Canale di Sicilia. Sabato con un gesto senza precedenti anche l’arcivescovo di Malta si è recato proprio sulla banchina dove il vascello incatenato al molo ospita ancora il suo equipaggio. Incontrando i volontari tedeschi che invocano un provvedimento di dissequestro, monsignor Charles Scicluna ha ribadito l’appello lanciato con gli altri due presuli dell’isola nei giorni scorsi: «Come si può festeggiare la nascita del Bambinello e poi dirsi cristiani lasciando dei nostri fratelli in mare?». Il riferimento ai 49 profughi a bordo delle navi umanitarie e a quelli che partono e annegano nel silenzio, non è casuale. «Che senso ha – domandano i vescovi – promuovere la vita e poi scegliere di lasciare le persone in mare di fronte alla morte? Dobbiamo aiutare coloro che fuggono dalla violenza, dalla schiavitù e persino dalla tortura e dalla morte».