Una manifestazione di insegnanti
I precari della scuola tornano in piazza per chiedere la stabilizzazione di 150mila cattedre assegnate ogni anno con contratti a termine. Promossi da Flc-Cgil, Cisl Scuola e Uil Scuola Rua, oggi pomeriggio sono previsti presidi in tutta Italia, con una manifestazione davanti alla sede del Miur, a partire dalle 15,30, per dire “Basta precarietà”.
Assumere gli abilitati
In cima alle richieste dei sindacati c'è una «fase transitoria di immissioni in ruolo», per assumere gli abilitati e i docenti di terza fascia con tre anni di servizio. «Solo così - si legge in una nota della Cisl Scuola - si può evitare il riproporsi della situazione paradossale dello scorso autunno, quando le assunzioni si sono potute fare solo su meno della metà dei posti di cui era stata autorizzata la copertura». Anche in vista dell'esodo di tanti insegnanti con “Quota 100”, i sindacati chiedono di «coprire con immissioni in ruolo tutti i posti liberi», evitando che siano, invece, assegnati a supplenti.
Specializzazione troppo cara
Tra le criticità denunciate dai sindacati della scuola, ci sono anche i costi elevati dei percorsi di specializzazione sul sostegno. «Numeri bassi e mal distribuiti - denuncia la Cisl Scuola - che dimostrano, tra l'altro, come sia da rivedere l'affidamento in esclusiva delle specializzazioni alle Università».
Emergenza salariale
Quella di oggi pomeriggio è soltanto la prima mobilitazione di un “pacchetto” che i sindacati confederali, con Snals Confsal e Gilda Unams, hanno intenzione di attivare nelle prossime settimane. Al centro anche la questione salariale, considerata una vera e propria «emergenza». «Trattamenti economici inadeguati - si legge in un comunicato congiunto delle cinque sigle sindacali - a riconoscere l'importanza e il valore del lavori nei settori della conoscenza, determinano una situazione che vede il nostro Paese in pesante svantaggio rispetto alla media delle retribuzioni europee, come attestato più volte da indagini e ricerche internazionali. Le scelte fatte con la legge di stabilità per il 2019, negano ad oggi la possibilità di compiere, col rinnovo del contratto, un passo significativo in direzione di un riallineamento retributivo alla media europea. Smentiti, ancora una volta, impegni e promesse, che non hanno alcuna credibilità se non trovano riscontro in precise e concrete scelte di investimento».