Educare alla mente senza educare il cuore non è affatto educare. La massima di Aristotele fa da collante ai disegni dei ragazzi su un cartellone arancio. Tutt’intorno poesie, canzoni e dipinti che spaziano dagli elementi della natura alle più profonde sensazioni; così accanto a vento, primavera e silenzio compaiono amicizia, amore e solitudine. Qui, tra le aule della scuola media Romolo Capranica di Amatrice (2.600 anime tra Lazio, Marche e Abruzzo) di mattina i protagonisti sono banchi e libri, ma al pomeriggio a farla da padrone tra gli 80 scolari sono le emozioni e i diversi linguaggi per esprimerle. Si raccontano desideri ne "La fabbrica dei sogni", un laboratorio fondato sul «setting creativo» in cui i ragazzi danno mano alla fantasia per imparare a «guardare la complessità della vita attraverso la sfera creativa artistico-musicale», sintetizza l’ideatore, il professore di musica Renzo Menga.
Un esperimento nato lo scorso anno nell’istituto omnicomprensivo di Amatrice – 389 alunni dalla scuola dell’infanzia al liceo all’interno un bacino d’utenza di 40 km e 4 comuni montani – proseguito dall’intero corpo docente anche dopo il distacco al Miur dell’insegnante. Non solo una scelta di continuità didattica, ma la volontà di sposare un nuovo modo di fare scuola in un territorio di confine vastissimo e frastagliato, dove le difficoltà non mancano. E non si tratta solo dei «fondi pubblici ridotti del 20% ogni anno – ammette il dirigente scolastico Maria Vincenza Bussi – che alle volte non consentono di comprare nemmeno l’essenziale». Ogni anno si combatte con qualche alunno in meno, dovuto allo spopolamento della vallata in cui il lavoro, al di là della pastorizia, scarseggia. «Mantenere due sezioni è difficile – continua la preside – ma così si riescono a seguire meglio le situazioni di disagio».
Così come si vive con un corpo insegnante mutevole, visto che nel centro più lontano della provincia nessuno vuole andare per scelta. E poi la logistica degli scuolabus attivi già prima delle 7 per portare tutti i ragazzi in tempo in classe. Ma una scuola di montagna, «vista ancor più come centro di riferimento dalle famiglie», dice Bussi, e i suoi docenti hanno una sfida in più: «Ridurre le disuguaglianze, prevenire la dispersione ed essere di stimolo alla comunità». L’idea della fabbrica dei sogni è spuntata per caso al professor Menga durante le prove per il concerto di Natale. «I ragazzi mi hanno chiesto di continuare – racconta – perché su quella melodia stavano componendo una canzone». Da lì tutto è cominciato. Due pomeriggi a settimana di nuovo a scuola. I giovani mettono in mostra e vendono le loro creazioni, «raccogliendo soldi – continua il docente – che servono per acquistare materiale didattico o strumentazione digitale».