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Gli occhi fissi sulla piazza. «Ecco la risposta... Le persone non vogliono rinunciare alla democrazia e ai diritti. Se il governo vuole ascoltare, cambi idea, smetta di fare cavolate, ritiri la precettazione e apra le trattative anche con noi. Se pensa di continuare così e non ascoltarci, noi continueremo».
Maurizio Landini, il numero uno della Cgil non indietreggia. Anzi rilancia: «Andiamo avanti fino a quando non avremo portato a casa i risultati». Sulla stessa piazza c'è anche il segretario della Uil. Stessa determinazione. Stessa rabbia. «Questa piazza è una risposta democratica di persone che soffrono, che hanno pagato per essere qui. È una risposta di democrazia a chi fa il bullo istituzionale. Bisogna avere rispetto dei lavoratori», tuona Pierpaolo Bombardieri. È il giorno dello sciopero. Otto ore di stop o intero turno di lavoro a livello nazionale per il pubblico impiego, la scuola, l'università e ricerca, la sanità e gli addetti di Poste.
Quattro ore di stop, dalle 9 alle 13, dopo dopo la precettazione, per il settore dei trasporti, dai bus e metro ai treni esclusi i voli che sono regolari voluta da Matteo Salvini. È il capo della Lega l'obiettivo delle piazze. Un grande striscione viene srotolato davanti alla prefettura di Genova. C'è una grande scritta: "Matteo per te niente precettazione, d'altronde sei inutile per la nazione". L'attacco di Cgil e Uil è duro. E dura è la risposta di Salvini. «Sono orgoglioso che oggi 20 milioni di italiani possano muoversi liberamente perché il diritto allo sciopero di una minoranza non può ledere il diritto al lavoro della maggioranza», replica deciso. E ancora: «Il diritto allo sciopero è sacrosanto, per lavoratrici e lavoratori, e nessuno lo mette né lo metterà in discussione.
È altrettanto sacrosanto il diritto al lavoro, allo studio, alla mobilità, per milioni di italiani che hanno diritto di prendere i mezzi pubblici, i treni, gli autobus. Quindi oggi c'è un diritto di sciopero esercitato dalle 9 alle 13 ed è giusto che chi ritiene di aderire abbia aderito». Non c'è tregua. Non c'é trattativa. Landini alza la voce contro il governo. Parla di promesse inattese. Avverte: la rabbia cresce, così il paese va sbattere. Giorgia Meloni non parla. Il Quirinale guarda con preoccupazione quello scontro che non avrebbe mai voluto.
Il ministro del Lavoro Marina Elvira Calderone prova a mandare un segnale di distensione: «Credo sia legittimo che i sindacati esprimano le loro preoccupazioni anche attraverso uno sciopero, perché è un diritto che è affermato e riaffermato dal nostro ordinamento. Credo che si debba fare in modo ordinato. Questo non preclude il dialogo e anche, soprattutto da parte nostra, del governo, la volontà di ascolto che c'è stata in questi mesi e soprattutto credo dovrà caratterizzare anche i mesi e gli anni futuri». Ma intanto la protesta non sembra destinata a fermarsi. Venerdì 8 dicembre annunciati molti scioperi locali e del trasporto aereo che si ripeteranno anche il 17 dicembre.