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L’imprenditore di Mondragone arrestato la scorsa settimana per sfruttamento dei braccianti immigrati, era andato circa un anno fa alla Caritas di Caserta per reclutare lavoratori. Assicurava un contratto regolare per 6 mesi. In 49 avevano accettato. Ma hanno lavorato solo per 3 giorni, pagati 1 euro e 28 l’ora. E senza alcuna protezione anti Covid. Così Gianluca Castaldi, responsabile dell’Area immigrazione della Caritas diocesana, ha presentato un esposto alla Procura di Santa Maria Capua Vetere. Ci racconta questa incredibile vicenda e dopo l’arresto dell’imprenditore chiede che «a questi lavoratori sia concesso il permesso di soggiorno per sfruttamento lavorativo, come prevede l’articolo 22 del testo unico sull’immigrazione. Ne hanno diritto. Oltretutto hanno collaborato alla nostra denuncia. Li consiglierò di costituirsi parte civile e noi seguiremo per tutti la parte legale».
Avevano accettato in 49, per un contratto regolare di sei mesi. Ma alla fine hanno lavorato solo tre giorni. L’uomo era già conosciuto dalle forze dell’ordine
Ma torniamo indietro al giugno 2020, quando l’imprenditore manda una donna a Caserta per contattare la Caritas. «Non mi sembrava vero, parlava di contratto. Sembravano seri. Gli uomini li fanno lavorare nelle serre, le donne nell’impacchettamento. Così li ho aiutati a trovare lavoratori. E ho anche organizzato l’autobus per portare i ragazzi in azienda». Ma emerge ben altro, come illustrato nell’esposto. «Ho raccontato tutto quello che era successo. E ho capito che lo conoscevano bene». Infatti l’inchiesta che ha poi portato all’arresto era cominciata già nel 2017. Ma leggiamo qualche importante passaggio dell’esposto. Nel primo incontro con la dipendente dell’azienda «viene specificato che inizialmente le ore lavorative sono 10 al giorno, in quanto l’azienda è in ritardo con la raccolta per via del lockdown, ma che successivamente col tempo le ore si sarebbero normalizzate». Paga concordata tra 4,70 e 5,70 euro l’ora. E ancora che «'tutti i lavoratori avrebbero fatto una settimana di prova, comunque pagata secondo quanto pattuito, a cui sarebbe seguita l’assunzione con un primo contratto di 6 mesi, con garantita possibilità di rinnovo».
Ma la verità è un’altra. «Una volta presso le serre, ai braccianti vengono spiegate, da un certo 'Mohammed', condizioni di pagamento totalmente differenti, facendo un calcolo a cottimo, calcolato in base al numero di cassette o cassoni». Modalità vietate. Così uno degli immigrati chiama Castaldi che contatta a sua volta la dipendente dell’azienda.
Il dramma dei braccianti stranieri in Campania
2mila
Le persone, soprattutto di nazionalità bulgara, che in epoca pre-Covid arrivavano d’estate a Mondragone
1,28
La paga oraria in euro per i lavoratori sfruttati dall’imprenditore arrestato
12
60
200%
La percentuale di risparmio degli imprenditori sul costo del lavoro senza tasse, nè contributi
Questa «controbatte che i ragazzi non si devono lamentare, che non devono fare i 'sobillatori', e che se hanno voglia di lavorare il lavoro c’è, se no è inutile perdere tempo». Però conferma la paga pattuita. Castaldi quindi rassicura i ragazzi che riprendono a lavorare. Ma in serata la donna torna a chiamare Castaldi, dicendo che «non sono rimasti soddisfatti dell’atteggiamento di alcuni dei braccianti» e che essendo la raccolta dei fagiolini terminata, il giorno dopo deve venire meno della metà dei ragazzi. Ma il giorno dopo quando Castaldi va a prendere i braccianti la donna gli dice che «non c’è più bisogno» dei lavoratori ma solo delle 4 donne. Poco dopo arriva il titolare dell’azienda che gli spiega «che ha fatto i calcoli e gli deve dare i soldi» per i braccianti: 500 euro per il primo giorno (10 euro per 50 cassoni) per 39 braccianti e per il secondo 47 euro per ciscuno dei 18 lavoratori. Castaldi gli replica che «lui non è un caporale e quindi i soldi vanno dati direttamente ai lavoratori », che i ragazzi erano 22 e non 18, e che alla fine prenderebbero 1,28 l’ora.
L’imprenditore «si fa vedere infastidito e replica che non deve provare a 'fregarlo'». Colloquio che si chiude. Il 2 luglio Castaldi viene nuovamente contattato dalla donna che «spiega che l’azienda ha bisogno urgente dei braccianti perché molti dei lavoratori dell’azienda sono risultati positivi al test Covid 19». Castaldi organizza una riunione dei lavoratori «lasciando loro la scelta se fidarsi o meno». Quattordici accettano e il giorno dopo vengono accompagnati in azienda. Ma alla sera gli viene detto «che al momento non c’era più lavoro e che dal giorno seguente non sarebbero dovuti più venire». Da allora l’azienda non contatta più la Caritas. «Tuttavia siamo al corrente che l’azienda ha reclutato altra manodopera proveniente da Napoli, quando ai braccianti era stato detto di non tornare più per mancanza di lavoro».