Quanto deciso e votato dal Senato della Repubblica rappresenta una rivoluzione per l'attuale assetto costituzionale, a partire dal tramonto del bicameralismo perfetto e dalla fine dell'elettività dei senatori da parte dei
cittadini.
Il ddl riforme che ha avuto il primo sì del Senato, e
che da settembre sarà all'esame della Camera , cambia i
connotati all'attuale Camera Alta e modifica radicalmente il
Titolo V, eliminando, per esempio, la legislazione concorrente.
Ma nei 40 articoli del testo Boschi sono presenti anche diverse
norme che vanno nella linea inaugurata dal premier Matteo Renzi:
dalla fine delle indennità per i senatori alla norma
"anti-Batman" sui rimborsi per i gruppi nelle regioni, fino al
tetto per gli stipendi per i consiglieri regionali.
SENATO DEI 100. La fine del Senato elettivo è certamente la
novità più dirompente del ddl. Il futuro Senato sarà composto da
95 membri rappresentativi delle istituzioni territoriali e
cinque di nomina presidenziale. Saranno i Consigli regionali e i
Consigli delle Province autonome di Trento e Bolzano a scegliere
i senatori, con metodo proporzionale, fra i propri componenti.
Inoltre ciascuna Regione eleggerà un senatore tra i sindaci dei
rispettivi territori. La ripartizione dei seggi tra le varie
Regioni avverrà "in proporzione alla loro popolazione" ma
nessuna Regione potrà avere meno di due senatori. La durata del
mandato dei senatori, che godranno dell'immunità come i colleghi
deputati - coincide con quella che si ha nei propri organi
territoriali.
BICAMERALISMO ADDIO. Tramonta la funzione legislativa
esercitata collettivamente dalle due Camere prevista dall'art.
70 della Carta. La competenza legislativa "normale" sarà quindi
appannaggio della sola Camera dei deputati salvo alcune materie
(come quelle etiche, introdotta con un emendamento approvato,
con voto segreto, contro il parere del Governo) su cui dovrà
intervenire anche il Senato. Sulla legge di bilancio, la Camera
potrà avere l'ultima parola decidendo, a maggioranza semplice,
di non conformarsi ai rilievi posti dal futuro Senato. Che, tra
l'altro, sarà anche escluso dal potere di concedere amnistia e
indulto.
REFERENDUM. Le firme necessarie per chiedere un referendum
abrogativo restano 500mila, con il quorum per la validità della
consultazione posto al 50% più uno degli elettori. In caso si
arrivi a 800mila firme, invece, il quorum si abbassa: sarà
sufficiente che vada a votare la metà più uno dei votanti delle
ultime elezioni politiche. Sono introdotti i referendum
propositivi e d'indirizzo. Per presentare una leggi di
iniziativa popolare bisognerà raccogliere 150mila firme.
PROVINCE ABOLITE, PIÙ COMPETENZE ALLO STATO. La scomparsa
delle Province dalla Costituzione e della legislazione
concorrente tra Stato e Regioni sono il cuore di questa parte
del ddl, che, in generale dà più competenze allo Stato centrale
permettendo anche il commissariamento di Regioni ed enti locali
in caso di grave dissesto finanziario. Lo Stato, inoltre potrà
esercitare una "clausola di supremazia" verso le Regioni a
tutela dell'unità della Repubblica e dell'interesse nazionale
GIRO DI VITE SU STIPENDI E RIMBORSI REGIONI. Saranno
applicabili subito dopo l'entrata in vigore del ddl alcune norme
chiave come la soppressione del Cnel, la previsione di un tetto
agli stipendi di Presidente e consiglieri regionali - mai
superiore a quello dei sindaci dei capoluogo di Regione - e la
'norma anti-Batman' che, sulla scia dei recenti scandali, blocca
"rimborsi e trasferimenti monetari" pubblici ai gruppi politici
regionali.
ELEZIONE CAPO STATO, NODO NON SCIOLTO. La platea per
l'elezione del capo dello Stato resta il nodo non sciolto. Il
ddl mantiene il Parlamento in seduta comune, ma senza i
delegati regionali, e cambia i quorum: dal quarto scrutinio è
sufficiente la maggioranza dei 3/5, dall'ottavo, la maggioranza
assoluta. Probabile che nell'esame alla Camera il punto sarà
modificato.