Sono stati oltre 10 mila i bambini uccisi o mutilati nel 2017 dai bombardamenti nelle aree di guerra. E 100 mila i neonati che muoiono ogni anno per cause dirette e indirette delle guerre, come malattie e malnutrizione. Sono solo alcuni dei dati presentati da Save the Children nel suo nuovo rapporto Stop alla guerra sui bambini che denuncia, tra l'altro, l'utilizzo da parte della Coalizione a guida saudita in Yemen per colpire obiettivi civili di bombe prodotte anche in Italia.
Nel mondo dunque sono 420 milioni - uno su cinque - i bambini che vivono in zone di conflitto, oltre 30 milioni in più del 2016 e il doppio dalla fine della Guerra Fredda. E 4,5 milioni hanno rischiato di morire per fame nei dieci Paesi coinvolti nelle guerre più sanguinose: Afghanistan, Yemen, Sud Sudan, Repubblica Centrafricana, Repubblica democratica del Congo, Siria, Iraq, Mali, Nigeria e Somalia. In termini assoluti l'Asia è il luogo dove vivono più bambini in aree di conflitto, circa 195 milioni. In percentuale, invece, il primato spetta al Medio Oriente con il 40 per cento dei bambini che vivono in zone di guerra, pari a 35 milioni. Solo in Yemen, 85mila bambini sotto i cinque anni sono morti per fame o per malattie gravi dall'inizio del conflitto, tre anni fa.
«È sconvolgente - spiegato Valerio Neri, direttore generale di Save the Children - che nel XXI secolo arretriamo su principi e standard morali così semplici: proteggere i bambini e i civili dovrebbe essere un imperativo, eppure ogni giorno i bambini vengono attaccati, perché i gruppi armati e le forze militari violano le leggi e i trattati internazionali». Innumerevoli le violazioni dei diritti dei piccoli che hanno avuto la sfortuna di nascere in zone di guerra. E il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha identificato sei gravissime categorie che vanno dall'uccisione e mutilazioni al reclutamento dei bambini soldato, soprattutto in Paesi come la Repubblica Centrafricana alla Repubblica democratica del Congo, dalla violenza sessuale ai rapimenti, agli attacchi a scuole e ospedali fino alla negazione dell'accesso agli aiuti umanitari. Secondo l'analisi basata sui rapporti delle Nazioni Unite, il numero di violazioni dei diritti dei minori nel 2017 è stato di 25mila, il numero più alto mai registrato prima.
Petizione contro la vendita di armi italiane in Yemen
Una petizione pubblica online contro la vendita delle armi italiane usate in Yemen dalla coalizione a guida
Saudita viene lanciata da Save the Children, in occasione dei 100 anni dalla sua fondazione e in concomitanza con l'uscita del report "Stop alla guerra sui bambini". «Le bombe fabbricate in Italia e vendute alla Coalizione Saudita sono utilizzate in Yemen per colpire case, villaggi, aree civili, per uccidere i bambini. Non possiamo renderci complici della morte di migliaia di civili inermi e di bambini, vendendo armi a paesi che violano palesemente il diritto internazionale e i diritti dei bambini», spiega Valerio Neri direttore generale di Save the Children. «Chiediamo, quindi, che l'Italia fermi immediatamente l'esportazione di armamenti verso i paesi responsabili delle sei gravi violazioni dei diritti di minori in conflitto armato e che si faccia promotrice di un'iniziativa globale per fermare questo commercio sulla pelle dei bambini in Europa e nel mondo. Chiediamo inoltre al ministro degli Affari Esteri di fermare immediatamente l'esportazione, la fornitura e il trasferimento di materiali di armamento alla Coalizione Saudita, armi che uccidono i bambini yemeniti e che quando anche sopravvivono, distruggono il loro futuro», conclude Neri.
Save the Children riporta il caso di Wafa, 4 anni (nella foto qui sopra) e di sua sorella Shaida di 2 anni, gravemente ferite durante un attacco aereo nella città portuale di Hodeida in Yemen. «Mamma e papà sono bruciati. Sono morti. Siamo tutti morti», ha raccontato la piccola Wafa che ha una cicatrice di 15 centimetri sul cranio. Le conseguenze fisiche e psicologiche di quell'attacco rimarranno indelebili su di lei e su sua sorella. Sarebbero circa 6.500 i bambini rimasti uccisi o feriti dai bombardamenti in Yemen dall'inizio del conflitto.
Rapporti, foto e reportage nel paese - sottolinea Save the Children - documentano che alcuni resti delle bombe esplose in zone civili, su case e villaggi in cui erano presenti famiglie con bambini, recavano il codice A4447 che riconduce a una fabbrica di armi in Sardegna, la RWM Italia S.p.A.. Si tratta di una fabbrica di armamenti parte del conglomerato industriale tedesco della Rheinmetall. La principale attività è la produzione di sistemi antimine, munizioni e testate di medio, grosso calibro. La compagnia ha sede legale a Ghedi (Brescia) e stabilimento produttivo a Domusnovas, in provincia di Carbonia-Iglesias, in Sardegna. L'utilizzo di ordigni della serie MK da 500 a 2000 libbre di fabbricazione italiana da parte dell'aviazione saudita è confermato dal Rapporto finale del gruppo di esperti sullo Yemen, commissionato dall'Onu.
Qui il link per firmare la petizione: http://www.savethechildren.it/StopArmi