«Le motivazioni della Consulta che riguardano la sentenza sulla diagnosi preimpianto introducono una gravissima discriminazione nei confronti di persone disabili o malate, considerate davvero "figli di un dio minore". Un bambino che non sia sano avrà, d'ora in poi, un diritto affievolito a nascere, e potrà essere scartato. Si tratta di un rischioso passo verso l'eugenetica, un passo che nemmeno la legge sull'aborto aveva compiuto». Eugenia Roccella, parlamentare di Area Popolare (Ncd- Udc) e Vicepresidente della commissione Affari sociali della Camera, critica aspramente le motivazioni della Consulta sul tema della diagnosi pre-impianto. «L'analogia con l'aborto, infatti, utilizzata dalla Corte, non funziona: con la legge 194 si può interrompere la gravidanza oltre i tre mesi solo se esiste un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna, considerando che l'embrione è nel grembo della madre e cresce dentro di lei - spiega Roccella -. Nel caso della diagnosi preimpianto tutto si svolge in laboratorio: si produce un alto numero di embrioni e poi se ne seleziona uno o più d'uno, scartando tutti gli altri. Le modalità sono profondamente diverse, e la verità è che, per la prima volta, si inserisce nell'ordinamento italiano un principio eugenista. Per tutto il resto, la Corte rimanda la palla al legislatore, che dovrà introdurre "apposite disposizioni al fine di individuare le patologie" che consentono di accedere alla diagnosi preimpianto, e dovrà prevedere opportune "forme di autorizzazione e controllo delle struttura abilitate". La sentenza dunque non è immediatamente applicabile, ma richiede un ulteriore passaggio legislativo».
Secondo la parlamentare di Ap la Consulta introduce una pericolosa discriminazione nei confronti di figli disabili o malati.
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