Per chi si occupa di rifugiati, come il Centro Astalli, prendersi cura delle vittime dei conflitti è un’azione quotidiana. Infatti, sebbene le cause delle migrazioni forzate negli anni si siano moltiplicate, è ancora la guerra a generare l’esodo di milioni di persone nel mondo. I rifugiati costituiscono le vittime civili, costretti a lasciare la propria patria per sfuggire alla morte.
In questi giorni, in cui assistiamo all’inasprirsi del conflitto israelo-palestinese, a seguito dell’attacco sferrato da Hamas lo scorso 7 ottobre, si ripropone la scena di civili morti in modo efferato o che fuggono inermi. Ma immagini di questo tipo le abbiamo viste nel recente passato anche in Afghanistan, in Siria, in Sud Sudan, in Ucraina, solo per citare alcuni dei conflitti degli ultimi anni. I civili, vittime inermi, quando riescono a fuggire, portano nella loro vita le conseguenze dei conflitti armati, che sono una sconfitta per tutti, perché costituiscono un’ipoteca per un futuro di pace.
Negli anni le ferite fanno fatica a rimarginarsi, divenendo di fatto il terreno per altri conflitti. Per questo occorre non abituarsi mai a una logica di guerra ma lavorare incessantemente per la riconciliazione.
presidente Centro Astalli, Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati in Italia