"Sarà il popolo a decidere se la nostra riforma del Senato va bene o no". Non i Fassina, non i Brunetta. E neanche Silvio Berlusconi, che annuncia il no di Forza Italia alla Camera. "Puntiamo al referendum", dichiara Matteo Renzi. Alla vigilia del voto finale alla Camera sul ddl
costituzionale di oggi (inizio seduta alle 15), è un messaggio tanto ai partiti di opposizione,
quanto alla minoranza Pd. "Nessuno può permettersi di fermare il
cambiamento", dichiara "tosto e deciso" il premier. E ribadisce
che il testo dell'Italicum sarà approvato così com'è, senza
modifiche. Un proposito che, lo avverte la sinistra dem, rischia
di spaccare il Pd e far saltare l'intero percorso delle riforme.
Il pomeriggio di riposo in famiglia, a Pontassieve, Renzi lo
dedica alla newsletter che periodicamente invia ai suoi
elettori. Alle spalle il primo anno di governo, davanti un
quadro economico in miglioramento, tant'è che "è probabile che
nel primo trimestre il Pil torni positivo". Il merito, rivendica
il leader del Pd, non è solo delle favorevole congiuntura
internazionale, ma della "solidità delle riforme" del governo.
Come quel Jobs act che, dopo essere stato martellato da
"polemiche ideologiche", renderà "ancora più facile assumere.
Dunque, "guai a sedersi" proprio adesso: si "accelera",
annuncia Renzi ai suoi sostenitori. Dopo l'elezione di Sergio
Mattarella, spiega, è "chiaro a tutti" che Parlamento e governo
andranno avanti fino al 2018, "attaccando" ogni "potere di
rendita" per produrre "profondo" cambiamento. In settimana il
Consiglio dei ministri varerà il ddl di riforma della scuola, ma
è pronto a intervenire in qualsiasi momento con un decreto se il
Parlamento non sarà abbastanza veloce e farà ostruzionismo. Con
un metodo che sarà applicato anche alla riforma della Rai, per
la quale in Cdm nei prossimi giorni ci sarà un primo esame.
Martedì verrà compiuto un nuovo passo
nel cammino delle riforme istituzionali. Ed è su quel punto che
si focalizza il dibattito (e lo scontro) politico.
In mattinata Silvio Berlusconi - con il plauso di Matteo
Salvini - annuncia che Fi domani voterà contro il
ddl costituzionale, per dire "no alla prepotenza" di Renzi. Un
"errore politico" e - osserva Lorenzo Guerini - un segno di
debolezza che mantiene la distanza tra gli ex "pattisti" del
Nazareno, tanto che appena inizia a circolare la voce di un
incontro tra premier e Cav già oggi, viene seccamente smentita
da entrambe le parti. La situazione, affermano i renziani, non è
irreversibile ma non dovrebbe cambiare da qui al voto per le
regionali. Perciò in molti prevedono che il nuovo passaggio
dell'Italicum alla Camera e del ddl Boschi al Senato verranno
compiuti solo dopo le amministrative di maggio.
Senza Fi a Palazzo Madama la riforma costituzionale rischia
grosso, visti i numeri risicati della maggioranza e il dissenso
della minoranza Pd. E anche la legge elettorale a Montecitorio,
sotto il fuoco dei voti segreti, non è al riparo da modifiche.
Perciò anche la minoranza Pd invita Renzi a non insistere in
forzature: "Si rischia una spaccatura nel partito che avrebbe
ripercussioni sul percorso riformatore", avverte Alfredo
D'Attorre. Stasera (dopo che in molti torneranno a disertare
l'incontro convocato al partito da Renzi su fisco, P.a. e terzo
settore) gli esponenti delle diverse aree di minoranza si
vedranno per decidere come votare martedì. I bersaniani per
"coerenza" dovrebbero confermare il sì, mentre singoli deputati
come Pippo Civati e Stefano Fassina non parteciperanno al voto.
Renzi, però, non sembra preoccupato. L'Italicum, ripete, non
si cambia più: la prossima sarà "la lettura finale". E sulla
riforma costituzionale si farà il referendum: allora si vedrà i
cittadini a chi daranno ragione.