Sono almeno 380 le "poltrone" abrogate dalle riforme Costituzionali, approvate definitivamente dalla Camera e che dovrebbero essere poste al vaglio di un referendum confermativo. Un numero che salirebbe se si tenesse conto dei posti legati alle Province, che vengono definitivamente abrogate benché esse, con la riforma Delrio, siano già diventate Enti di secondo livello, privi di un Consiglio.
Le prime 315 poltrone ad essere abrogate sono quelle dei
senatori, finora eletti a suffragio universale. D'ora in poi il
Senato, anche se manterrà il nome, si trasformerà in una Camera
delle Autonomie territoriali: vi siederanno infatti 95 tra
sindaci (21) e Consiglieri Regionali (74) che per il lavoro
svolto a Roma non avranno diritto a indennità parlamentare, in
aggiunta al normale stipendio di amministratori locali.
La riforma abroga anche il Consiglio nazionale dell'economia
e del lavoro, un organismo pensato nel 1948 come "raccordo" tra
società civile e Palazzi della politica, un ruolo ridottosi con
il passare dei decenni. In esso sedevano 64 Consiglieri, oltre
al presidente (l'ultimo è stato Antonio Marzano).
Quanto alle 110 Province italiane, una volta dotate di un
Consiglio provinciale e una Giunta, sono state già trasformate
in via transitoria in Enti di secondo livello, vale a dire solo
con uno snello organismo esecutivo formato dai sindaci. Tuttavia
le Province erano in Costituzione, inserite nella riforma del
2001, e quindi ogni ulteriore passo ha richiesto la loro
cancellazione dalla Carta grazie all'attuale riforma.