sabato 14 ottobre 2023
Secondo i dati del Viminale nel 2022 i provvedimenti esecutivi sono aumentati del 218% rispetto al 2021. I sindacati: «Rifinanziare nella legge di Bilancio gli aiuti alle famiglie in difficoltà»
Famiglie sfrattate a Roma, la città con il maggior numero di provvedimenti esecutivi

Famiglie sfrattate a Roma, la città con il maggior numero di provvedimenti esecutivi - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Gli sfratti sono ripartiti e già tornati ai livelli degli anni precedenti alla pandemia, quando l’ombrello della sospensione li aveva riportati ai minimi storici. E, complice il mancato rifinanziamento per il secondo anno consecutivo dei fondi nazionali di sostegno agli affitti e alla morosità incolpevole, sembrano inesorabilmente destinati ad aumentare.

La “fotografia” scattata dal ministero dell’Interno si basa sui dati del 2022, anno nel quale le famiglie a rischio sfratto potevano ancora contare sui due fondi tagliati per due volte consecutive dal governo in carica. Le cifre sono eloquenti: i 30.385 sfratti eseguiti in Italia (su 41.849 provvedimenti emessi, oltre 33.500 dei quali dovuti alla morosità degli affittuari) non solo hanno fatto segnare un aumento annuo enorme rispetto all’anno precedente (+218%), ma hanno riportato il Paese ai livelli del 2019. E, come ha osservato il Sicet-Cisl, almeno per quanto riguarda i soli rilasci forzati degli immobili per morosità (l’80% del totale), il boom degli sfratti si è avuto in seguito alla crisi economica del 2008.

La regione che ha fatto registrare il numero più elevato di nuovi provvedimenti è il Lazio (7.228, +20,75%, di cui 3.718 solo a Roma), seguita dalla Lombardia (6.094, +5,7%) e dalla Campania (4.184, +10,83%). Nelle tre regioni italiane con il più alto numero di abitanti si sono avuti aumenti percentuali a tre cifre per quanto riguarda gli sfratti effettivamente eseguiti: +335% nel Lazio (3.413), +296% in Lombardia (5.391); +282% in Campania (2.026). Una situazione, quella fotografata dal Viminale, annunciata nei mesi scorsi dai sindacati. Proprio gli sfratti rappresentano uno dei fronti caldi dello scontro tra la Cgil e l’esecutivo. «Lo stato in cui ci troviamo – denuncia il segretario generale del Sunia-Cgil, Stefano Chiappelli – è frutto della totale assenza di politiche di sostegno agli affitti e allo stato di abbandono in cui sono state lasciate le famiglie dal 2020 in poi». Secondo Chiappelli, «la pandemia e le catastrofi socio-economiche che si sono succedute sono state completamente ignorate dai governi di questi anni. Con la colpevole aggravante del governo Meloni, nello specifico del ministro Salvini, che ha cancellato il Fondo di sostegno all’affitto e il Fondo per morosità incolpevole».

Ed è proprio il rifinanziamento dei due fondi, destinato a mancare per la seconda volta dalla legge di Bilancio, la risposta che il Sunia chiede nell’immediato per far fronte all’aumento vertiginoso degli sfratti. «Ma rifinanziamento non vuol dire stanziare gli stessi soldi stanziati dal governo Draghi nel 2022, che hanno coperto solo il 40% del fabbisogno – avverte il segretario del Sunia-Cgil –. Occorrono almeno 900 milioni di euro. L’Istat ci dice che quasi 900mila famiglie vivono in povertà assoluta. Di queste, il 40% è in affitto: la fascia più colpita dagli sfratti». L’altra risposta che il sindacato degli inquilini chiede al governo è l’elaborazione di quel piano per la casa annunciato dal ministro delle Infrastrutture Salvini ma rimasto ancora al palo. Un piano che deve, secondo l’organizzazione sindacale, «recuperare parte delle migliaia di case destinate agli affitti brevi a scopo turistico al mercato degli affitti a lungo termine, mettere al centro l’edilizia residenziale pubblica e prevedere per questa uno stanziamento di risorse pari a quello che riceve in altri Paesi europei». Lo invoca anche l’Anci. Lo chiede anche Nomisma, «ma – precisa il suo amministratore delegato, Luca Dondi – in una prospettiva di medio-lungo termine. In un momento come questo è necessario soprattutto agire su due fronti: ripristinare i fondi tagliati e trovare vie per recuperare, attraverso meccanismi di incentivazione, case al mercato degli affitti a lungo termine. Quest’ultimo – spiega Dondi – è un mercato condizionato dagli affitti brevi e da quelli destinati agli studenti, e quindi caratterizzato da una domanda variegata e sovrabbondante rispetto all’offerta. In Italia si è fatto poco o nulla negli ultimi decenni per scongiurare lo scenario fotografato dal ministero dell’Interno, che è destinato solo a peggiorare se non si deciderà di affrontare adeguatamente il problema».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: