Matteo Renzi sceglie Milano come
simbolo della sfida dell'Italia e della sua scommessa. Non solo
perchè a maggio il Pd proverà a vincere di nuovo ma perchè,
oltre che la "capitale economica", è esempio di solidarietà
come, affonda il premier, il Pd che sull'accoglienza ai migranti
combatte "non le destre ma le bestie". E, soprattutto, la
tradizionale operosità dei milanesi rappresenta "chi dice sì
contro i gufi laureati e gli esperti del disfattismo". Insomma
critici e sinistra Pd sono avvisati: il premier va avanti sulle
riforme, pronto sì al confronto ma non ai "veti" e a
"discussioni interne per ripartire ogni volta da capo".
Al "c'è chi dice no" di Vasco Rossi, il rocker caro a Pier
Luigi Bersani, il leader dem contrappone il "C'è chi dice sì". E
lo fa scaldando il popolo dem, nel comizio di chiusura della
Festa Pd, con i temi tradizionali della sinistra: la
solidarietà, la cooperazione internazionale, le unioni civili,
il partito come "realtà viva", vicina alla gente. Dopo
l'incontro a Cernobbio con il gotha della finanza e
dell'imprenditoria, il premier trascorre un'intera giornata nel
capoluogo lombardo. Al Gp di Monza incontra il patron della F1
Bernie Ecclestone per perorare il futuro del circuito milanese.
E in serata accoglie Bono Vox all'Expo. Alla vigilia della
ripresa parlamentare e autunnale, fitta di scadenze e nodi, il
premier mostra l'attivismo di chi resta più che mai convinto che
"l'Italia è ripartita ma dobbiamo fare ancora molto".
Le priorità, come l'emergenza immigrazione o la sfida sulla
flessibilità in Europa, sono in parte dettate da fuori. E Renzi
ha chiaro come affrontarle: umanità verso i migranti in rotta di
collisione con le grida di Matteo Salvini e Beppe Grillo, "i fan
di Orban", e impegno per un'Europa della crescita sul fronte
economico. Crescita che per il premier va aiutata anche
abbassando la pressione fiscale. "In passato abbiamo detto che
le tasse sono una cosa bellissima - dice il premier, smarcandosi
dal passato - ma bisogna avere il coraggio di dire anche alla
sinistra che le tasse sono troppo alte". "Orgoglioso" del jobs
act e delle riforme già realizzate, Renzi guarda avanti: alla
legge sui diritti civili che "dopo anni di rinvii faremo per la
dignità del nostro paese"; alla legge sul terzo settore che
"approveremo entro un anno" così come la lotta al caporalato su
cui il leader dem sfida i sindacati "a farla insieme al di là
delle dispute ideologiche".
Ma per rimettere in modo il paese, il presidente del
consiglio sa che non serve solo l'agenda ma anche l'unità del
Pd. "Basta dire no, c'è chi dice sì e crede nell'Italia",
scandisce tra gli applausi sottolineando, ad esempio, il
successo dell'Expo. Quindi, è il ritmo di marcia che Renzi
seguirà anche alla ripresa, "si discute, si dialoga ma poi si
decide".
La riforma costituzionale rischia di essere lo spartiacque
dei rapporti interni del Pd. "Se si usa la riforma
costituzionale per dire no, per ripartire da capo, si sappia che
la forza di chi dice sì è più grande", avverte il premier mentre
si cerca una faticosa mediazione con la minoranza. "Non è
normale che il Pd, il primo partito in Europa - ha concluso -
passi il tempo a rincorrere discussioni interne".