mercoledì 17 giugno 2015

​Colpa dei tremila emendamenti, saltano le 100mila regolarizzazioni dei precari. A luglio Conferenza nazionale. 
DOPO IL VOTO Le primarie  finiscono nel mirino

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Esce ancora una volta dagli schemi, Matteo Renzi. Non nega la sconfitta del Pd alle amministrative nel «momento più difficile della legislatura », e non si sottrae all’analisi di un voto che ha messo insieme una serie di variabili. A cominciare dalle primarie, da rottamare. Ma è soprattutto l’ostilità di chi si è messo contro le sue riforme, in particolare nel suo partito, a essere nel mirino. C’è un’amarezza per non essere andato a fondo con il 'repulisti' nei toni del segretario- premier, che per un giorno dispensa dichiarazioni a tutto campo. Ma c’è anche la determinazione di chi vuole tornare a ragionare come in passato, giocandosi il tutto per tutto, fino a mettere sul piatto la riforma della scuola. Davanti alle telecamere di 'Porta a porta' il presidente del Consiglio lancia la sfida a chi finora si è messo contro la legge che potrebbe regolarizzare centomila precari già a settembre e rinvia tutto al 2016. Un affronto nella speranza che qualcosa dietro le quinte si muova, a fronte dei tremila emendamenti che stanno ostacolandone il cammino. In realtà a muoversi sono i più agguerriti avversari della riforma Giannini. A cominciare da Stefano Fassina, che considera «irricevibile il tentativo del presidente del Consiglio di scaricarsi delle responsabilità politiche delle mancate assunzioni per il prossimo settembre». Anche perché – è il parere della sinistra pd e dei sindacati – tutto potrebbe essere risolto con lo stralcio in un decreto per l’integrazione dei precari. I tempi per mettere a segno la 'Buona scuola' sono stret- tissimi, e per questo al leader del Pd farebbe un gran comodo potersi assegnare la medaglia che non gli hanno dato gli elettori. «Nei prossimi tre giorni la minoranza può lavorare a togliere o ridurre gli emendamenti in commissione per consentire alla riforma di essere approvata nei tempi stretti che ci sono» e dunque procedere alle assunzioni dei precari, si ragiona a Palazzo Chigi. Perciò, l’idea della provocazione serve a smuovere le 'coscienze' di chi lascerebbe per strada i professori non di ruolo e getterebbe nel caos l’inizio del prossimo anno scolastico. Ma il segretario democratico mette in conto anche il no. E in questo caso, sarebbe l’inizio di una nuova ondata 'rottamatoria'. L’idea del ritorno al 'Renzi 1', come è stata definita la sua strategia in un’intervista, gli piace. E a questo punto, giocando fino in fondo la sua partita, il leader dem non si fa mettere in discussione dai suoi avversari interni: «Il prossimo congresso del Pd è nel 2017, vado a casa quando perdo le elezioni al governo o il congresso. Non ho neanche preso la residenza qui, piego due camicie e vado via. Ma sono stato tanto ad ascoltare, se parlo sempre delle cose delle correnti del Pd vengo a noia non a me stesso ma agli italiani». Insomma, si ricomincia dall’inizio. E se l’inizio è stato con la scuola, l’idea renziana è così riassunta: «Faccio tesoro del suggerimento di Lula: se sei convinto di aver ragione ma hai l’opinione pubblica contro fai una conferenza nazionale, racconti la tua proposta, ascolti le critiche e poi decidi. A inizio luglio faccio una conferenza sulla scuola, sento tutti, dai sindacati alle famiglie per un giorno e dopo si decide». Così andrà fatto anche per tutto il resto. Perché, dice, «succede di perdere: in alcune città il Pd ha perso, altre le abbiamo riprese ma certo quando i cittadini scelgono altro, il partito deve riflettere. Un anno fa il Pd aveva il segno più 40% e i posti di lavoro avevano segno meno. Oggi l’economia torna a tirare e abbiamo 260mila posti di lavoro in più». Non serve appendersi all’albero delle primarie. «Non ne possiamo più di un ragionamento per cui quando si parla di politica si discute solo del nostro ombelico. Alla gente interessa di come si sceglie un sindaco o che le strade siano pulite?». Si decide e si va avanti, come per il capogruppo alla Camera. Renzi si dice dispiaciuto delle dimissioni di Roberto Speranza, ma sul nome di Ettore Rosato non ha problemi. Anzi. E poi ci sono le riforme. Quella del Senato, ostacolata dalla sinistra del Pd e non più sostenuta da Fi. Nessun problema: «Berlusconi è a targhe alterne, ma noi andiamo avanti comunque», dice. L’agenda è ancora fitta..

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