«L’uomo scopre se stesso quando si misura con l’ostacolo». La frase di Saint-Exupery giganteggia alla destra del palco, e forse esprime alla perfezione lo stato d’animo con cui Matteo Renzi vive la Leopolda numero 6: spiegare la via stretta tra i progetti degli inizi e la difficoltà di governare, fare in modo che l’ombra dei provvedimenti discutibili - quello sulle banche, che aleggia sulla kermesse - non copra le riforme, i segni di ripresa, le sfide del 2016. «Per noi è come una festa, è come tornare a casa», scrive il premier nella
newslettercon cui carica il popolo della Leopolda. Il suo popolo, quello che non viene a «parlare di correnti, questioni interne, posti di potere». Chi vuole discutere di queste cose «può restare a casa». O, è il non detto di Renzi, può andare oggi a Roma alla riunione della minoranza dem. La vigilia è stata agitata. Roberto Saviano ha messo nel mirino Maria Elena Boschi, l’indiscutibile 'numero due' del renzismo e regina della Leopolda. E poi c’è stata quell’intervista di Dario Nardella, sindaco di Firenze e renziano di ferro, che ha confermato con una chiarezza mai vista prima la prospettiva del Partito della nazione. Un’intervista che Renzi ha benedetto e certificato. Ed è per questo motivo che la sinistra dem replica furiosa, chiede smentite e correzioni che non arrivano. «Io vedo il Pd come perno di un centrosinistra largo che unisce anche posizioni di sinistra radicale, e molti la pensano come me», è la reazione forte di Bersani. Ma Renzi non ne vuol sentir parlare. Una prova? Le video- clip della Leopolda sul lavoro, uno sfottò a Camusso, Vendola e Landini che si scagliavano contro il Jobs act. «Non sarà un inverno fantastico per i gufi», commenta il premier. Certo l’aria è meno scanzonata delle scorse edizioni. La colonna sonora è '
Renegade', testo impegnato degli X Ambassardors. Il palco è serio, uno studio zeppo di libri, scarpe e valigie da viaggio. Lo stesso premier, arrivando, sfugge al bagno di folla e si rifugia in una stanzetta per cenare e, soprattutto, incontrare Giuseppe Sala, il suo candidato alle primarie per Milano. E anche le ore precedenti al suo arrivo a Firenze non sono state facili, in particolare per l’annullamento del convegno al Polo universitario di Novoli, causa contestazioni. Anche i due mattatori della prima serata, il sindaco di Ercolano, Ciro Bonajuto, e la vicepresidente dell’Emilia Romagna Ottavia Soncini, sembrano sottotono e hanno bisogno della 'tutela' di Matteo per tenere alto il ritmo. E lui, Renzi, certo non si fa pregare per interrompere, tessere, scherzare, improvvisare (chiama anche sul palco tre insegnanti anti-Giannini), lanciare video. D’altra parte non scherza quando dice che dopo aver chiuso con la politica vuole presentare un
talk-show. Gli otto interventi notturni che riscrivono il 2015, invece, tengono botta. Renzi li introduce con orgoglio: «Senza la Leopolda non sarei a Palazzo Chigi, ora dobbiamo continuare a immaginare il cambiamento ». Arriva la combattiva sottosegretario al Lavoro Teresa Bellanova, che elenca le crisi aziendali affrontate e si scalda sul capolarato. Poi c’è Sala a parlare di Expo con foto che sembrano già fatte per la campagna elettorale. Simona Malpezzi per la scuola, il campo «in cui siamo stati più criticati», la introduce Renzi. E poi il consigliere economico Marco Fortis a difendere gli 80 euro e la «politica dell’ottimismo». In tarda mattinata, invece, Renzi aveva fatto il suo esordio all’Accademia dei Lincei a Roma. Il premier conferma la misura dei 500 euro per i 18enni, poi spinge sull’orgoglio. «Queste cantilene sull’Italia coacervo di problemi mi hanno stancato», dice a proposito della Ue. E lancia la volata verso il 2018. Il 2016, dice, sarà cruciale per le elezioni in Francia, che avranno ricadute per l’Europa. Il 2017, poi, sarà segnato dal G7 a guida italiana - «il primo con il nuovo presidente Usa» - e, forse, con l’ammissione di Roma nel Consiglio di sicurezza Onu.