"Male l'affluenza, bene i risultati, due a zero netto per noi". Esulta di prima mattina con un tweet il premier Matteo Renzi per l'esito delle elezioni regionali in Emilia Romagna e in Calabria dove i candidati del Pd vincono a mani basse contro un centrodestra diviso e privo di leadership a livello nazionale. Poi in giornata, aumenta il punteggio, ricordando che con lui il Pd fino ad ora ha vinto tutte le competizioni: cinque a zero.
Il dato che più colpisce è quello dell'astensione a livelli record per l'Italia: la maggior parte degli aventi diritto ha scelto di restare a casa.
IN EMILIA ROMAGNA LA LEGA VOLA. Chi vince non festeggia, chi perde
esulta e quasi nessuno va a votare. È un esito paradossale
quello delle elezioni regionali in Emilia-Romagna che hanno
eletto presidente
Stefano Bonaccini del Pd con il 49% delle preferenze, ma che hanno
cambiato la storia e la geografia politica di un'intera regione.
È successo con
l'affluenza alle urne (un miserrimo 37,8%, in
una terra sempre affezionatissima al voto), con il calo
sostanzioso del centrosinistra e del Partito democratico, con
l'affermazione travolgente della Lega Nord (il suo candidato ha quasi il 30% dei voti), cannibalizza
Forza Italia e col calo del
Movimento 5 Stelle che però non
crolla e si attesta sul 13%.
Il Pd non perde la Regione rossa per eccellenza e questo,
dopo una campagna elettorale pesantemente segnata dall'inchiesta
sui fondi ai gruppi regionali uscenti, è l'unico aspetto per il
quale può festeggiare. Il partito di Renzi ha perso oltre l'8% e
centinaia di migliaia di voti rispetto alle europee di appena
sei mesi fa. La coalizione di centrosinistra non ha sfondato la
soglia psicologica del 50% e peggiorando sensibilmente il
risultato delle regionali di quattro anni fa.
Stefano Bonaccini è arrivato dopo le due nella sede di viale
Aldo Moro della Regione Emilia-Romagna che per i prossimi cinque
anni sarà casa sua, nell'ufficio che per quindici anni è stato
occupato da Vasco Errani. "Non si può essere soddisfatti di una
partecipazione così bassa - ha detto il neopresidente - sapevamo
che avremmo pagato sia l'inchiesta sia il fatto che un pezzo di
Pd ha voluto mandare un segnale. Adesso bisogna aprire una nuova
stagione, abbiamo cinque anni per dimostrare che faremo bene".
La Lega da parte sua non nasconde l'entusiasmo per un
successo che Alan Fabbri, candidato alla presidenza, ha definito
"epocale": con quasi il 20% delle preferenze doppia Forza
Italia (che resta sotto il 9%) e consente ad un centrodestra in
crisi d'identità di non essere sorpassato dal Movimento 5
Stelle.
Una vittoria tutta di Matteo Salvini, che ha condotto una
campagna elettorale da protagonista, alzando i toni e girando la
regione senza sosta. Rivitalizzando una Lega che, per la prima
volta, aveva il suo nome sul simbolo. "Il pallone Renzi si sta sgonfiando" commenta in mattinata Salvini. Nel centrodestra si riduce
ulteriormente anche lo spazio del
Ncd-Udc che resta sotto il 3% e non eleggere nemmeno un consigliere regionale.
Il Movimento 5 Stelle perde terreno, ma non c'è quel crollo
che in molti auspicavano dopo gli scontri che si sono consumati
al suo interno in Emilia-Romagna: aumenta la propria pattuglia
di consiglieri (i due eletti nel 2010 sono stati entrambi
espulsi nel corso della legislatura) e si attesta ad un non
entusiasmante 13% che lo rende però, stabilmente, il terzo
partito della regione.
IN CALABRIA VITTORIA A PIENI VOTI. Anche in Calabria, dove lo scrutinio procede a rilento, si profila una netta
vittoria per il candidato del centrosinitra,
Mario Oliverio,
del Pd. Quando mancano i dati di circa 500 sezioni, Oliverio
si
attesta oltre il 61%,
mentre la candidata del centrodestra
Wanda Ferro, di FI, è di poco sopra il 21 e Nico D'Ascola,
Ncd-Udc, supera l'8%, soglia di sbarramento fissata dalla nuova
legge elettorale per entrare in Consiglio.
Delude il candidato del Movimento 5 Stelle, Cono Cantelmi,
che non va oltre il 4%, mentre Domenico Gatturo (L'Altra
Calabria) raccoglie solo l'1% dei consensi.
Il centrosinistra, quindi, si appresta a conquistare
un'altra Regione governata dal centrodestra, in questa
occasione diviso, che nel 2010 stravinse con Giuseppe
Scopelliti costretto poi alle dimissioni dopo la bufera giudiziaria che lo ha coinvolto e la condanna in primo grado a sei anni per abuso d'ufficio. Il dato più significativo di questo risultato è che se anche
il centrodestra - Forza Italia e Fratelli d'Italia-An, da una
parte, e Ncd e Udc, dall'altra - si fosse presentato unito alle
elezioni, non avrebbe avuto alcuna possibilità di vittoria, come
qualcuno aveva ipotizzato recriminando sulla mancata coesione di
quest'area politica, considerato il margine della vittoria di
Oliverio.
Il dato che fa più riflettere riguarda, piuttosto, il crollo
dell'affluenza al voto. I votanti sono stati il 44,10 degli
aventi diritto, contro il 59,26% delle regionali del 2010,
quando si votò in due giorni. Una situazione che conferma ancora
una volta la disaffezione alla politica, della quale non ha
beneficiato quanto avrebbe voluto neppure il partito
"anti-sistema" per eccellenza, il Movimento 5 Stelle, che
conquista comunque una rappresentanza nel Consiglio regionale.
Oliverio, così come aveva già fatto nel corso della campagna
elettorale, già nella sua prima dichiarazione del dopo voto è
apparso consapevole della difficoltà del compito che gli si
prospetta. "Adesso dobbiamo ricostruire e rimettere in piedi la
Calabria - ha detto l'ormai quasi certo Governatore - aprendo
una fase nuova".
Con la vittoria in Calabria, strappata alla coalizione avversaria, il centrosinistra governa in pratica in tutte le Regioni con le vistosa eccezione di Lombardia, Veneto (in mano alla Lega) e Campania.