giovedì 21 maggio 2015
Monsignor Bregantini: contro la povertà no all'assistenzialismo, aiuti finalizzati all'impiego.
COMMENTA E CONDIVIDI
Il reddito di inclusione sociale? «È una priorità e farò la mia parte per sostenere in ogni sede questo percorso». Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti  non si sottrae al pressing delle associazioni e nel corso di un incontro pubblico a Roma si impegna a farsi carico della proposta in sede di governo. «Nella legge di Stabilità dobbiamo decidere cosa fare e questa vostra domanda non si può scansare – ha detto il responsabile del Welfare –. Io sono convinto che un piano di medio termine di contrasto alla povertà bisogna farlo e un sì o un no bisognerà dirlo».  Un’affermazione che equivale a «un riconoscimento politico della nostra proposta», ha commentato positivamente Gianni Bottalico, presidente delle Acli, rinviando il ministro a un nuovo incontro nei prossimo mesi per monitorare gli sviluppi.  Proprio ieri monsignor Giancarlo Bregantini, vescovo di Campobasso e presidente della Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro, nel corso di un’audizione in Senato, ha ammonito i legislatori a contrastare la marginalità sociale e occupazionale accompagnando le persone in difficoltà verso una occupazione vera. «L’assistenzialismo non serve » e «mai gli aiuti debbono essere dati» con la finalità di «non fare niente», ha detto Bregantini. Anche il reddito di cittadinanza di cui si discute in Parlamento, ha aggiunto, dovrebbe prevedere, «ulteriore formazione o anche servizi». «Accompagnare è la parola che il Papa ha detto a noi vescovi, noi la diciamo alla società». Un’impostazione che trova eco nel progetto del reddito di inclusione (Reis) e che lo stesso Poletti ha detto di condividere. «Siamo assolutamente d’accordo» con la Cei, «il nostro governo ha scelto la strada delle politiche attive sul lavoro. Non possiamo pensare di risolvere i problemi con qualche indennizzo o sussidio». Il Reis è stata messo a punto dall’Alleanza contro la povertà in Italia, un network di associazioni ed enti impegnati nel sociale (Acli e Caritas, Cgil, Cisl, Uil, Azione Cattolica, Confcooperative e Forum Terzo Settore, per citarne solo alcune) che si batte per la graduale introduzione di uno strumento strutturale di contrasto alle situazioni di povertà assoluta, che coinvolge 6 milioni di italiani, un dato più che raddoppiato con la crisi. L’Italia è uno dei pochi Paesi in Europa che non dispone di questo strumento e si è affidata finora a misure circoscritte e sperimentali, come la social card e la Sia. La proposta punta a portare a regime il reddito di inclusione in quattro anni con stanziamenti crescenti e prevede non solo un sostegno finanziario ma anche l’attivazione dei servizi per agevolare l’inserimento lavorativo e permettere di usufruire dei supporti educativi, sanitari, psicologici presenti sul territorio. Un progetto di natura non assistenzialistica e che punta a mettere in rete istituzioni centrali, enti locali e Terzo settore e a responsabilizzare le persone beneficiarie che assumono a loro volta dei doveri verso la comunità come frequentare corsi di formazione professionale e svolgere attività sociali. «Un semplice bonus migliorerebbe le condizioni economiche delle persone interessate ma non fornirebbe alcun aiuto per costruirsi una vita diversa», sottolineano le associazioni. In apertura del convegno Francesco Marsico, dirigente della Caritas, ha sollecitato il governo a passare «al tempo delle scelte, scelte non solo di un governo ma di un intero Paese e dei corpi intermedi, chiamato finalmente a dare concretezza alle misure di contrasto alla povertà assoluta». «Ci stiamo avviando verso l’uscita dalla crisi ma le ferite profonde che ha causato alla società non saranno annullate in tempi brevi», ha aggiunto notando positivamente che il problema della povertà «sta diventando una priorità della politica». Poletti nel suo intervento ha detto di apprezzare l’impostazione dell’Alleanza («mi iscrivo al club del Reis») che punta su un’idea di «inclusione attiva» e punta sull’universalità del sostegno ma anche sul gradualismo dell’applicazione. Uno dei nodi chiave sarà ovviamente quello delle risorse: la spesa prevista a regime è di 7 miliardi tra contributi finanziari e servizi, ma per il primo anno basterebbero 1,8 miliardi.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: