venerdì 13 marzo 2015

Ma la riforma è rinviata al prossimo Cdm. M5s: no al capo-azienda governativo. Renzi: stop alla contiguità con i partiti.

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Ci sono ancora i dettagli da mettere a punto, sulla riforma della Rai. Dopo la frenata sul decreto, e le rassicurazioni che il riordino del sistema radiotelevisivo avverrà con un ddl, il premier annuncia le linee su cui intende muoversi. Ma come d’abitudine, per ora è solo l’annuncio di quello che farà il governo, in un prossimo Consiglio del ministri. Matteo Renzi però ci tiene a tirarsi fuori dalle polemiche di chi ha accusato l’esecutivo di volersi appropriare dell’informazione pubblica: «Leggo stravaganti interpretazioni secondo cui Renzi vuole mettere le mani sulla Rai. Vogliamo dare ossigeno all’azienda. Basterebbe andare al rinnovo del Cda con la Gasparri per avere la maggioranza. Che venga fatta questa accusa a chi ha rinunciato anche a parlare con vertici Rai per non dare impressione di interferire è fuori dalla realtà». Così le anticipazioni di Palazzo Chigi servono proprio a smentire le critiche. Per ora, dice il premier, «abbiamo avviato l’esame» del ddl, che sarà presentato «nel prossimo Consiglio dei ministri». La premessa è un gesto distensivo verso l’azienda. «Noi pensiamo alla Rai come a un’azienda che debba essere una delle più grandi imprese culturali d’Europa. Siamo orgogliosi della Rai e vogliamo che competa all’esterno. Non una Rai con il naso sull’auditel, ma capace di rappresentare un pezzo del Paese. La Rai ha educato intere generazioni, ora deve essere un grande soggetto che porta per mano l’Italia». Poi il premier passa a rassicurare alleati e avversari che temono un’intromissione del governo nella gestione della tv di Stato. Né governo né Parlamento, dice. O meglio, un bilanciamento migliore dell’attuale. «Occorre innanzitutto che non vi sia contiguità con partiti e forze politiche che porti tutti i giorni a dover discutere e valutare, sentendo membri della commissione di vigilanza e di partito. Questo non significa che le forze politiche non possano avere il compito di vigilare e di indicare le persone, ma significa che quando hai scelto chi controlla e guida, non è che per nominare un caporedattore devi entrare nella discussione».E per la scelta, continua Renzi, «immaginiamo un Cda della Rai più ristretto, la cui maggioranza sia eletta dal Parlamento in seduta comune, e con un membro espressione dei dipendenti Rai». In questo contesto, «crediamo che il governo abbia il dovere, più che il diritto, di individuare il capo azienda che deve passare dal voto di conferma del Cda». A questo punto, Renzi replica ai Cinquestelle con la contrarietà del governo al sorteggio, proposto da M5S, spiegando che «qua c’è la differenza tra chi, come il governo, decide e chi fa una sorta di Aventino e fugge dalle responsabilità ». Una battuta che fa infuriare il presidente della Commissione di vigilanza Roberto Fico, convinto che «Renzi vuole mascherare la nomina da parte del governo dell’Ad come responsabilità e non come lottizzazione governativa». Ma il premier ormai è sul suo binario e non intende cambiare. Certo di aver trovato il punto di incontro in grado di raggiungere i maggiori consensi, spiega che sarà una Rai snella: «Serve un capo azienda che decida, basta con mediazioni su mediazioni ed un numero pletorico di direttori». Nella riforma anche una rete «senza pubblicità» destinata «alla cultura non in senso noioso ma come arricchimento della persona umana».
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