Inizia oggi la settimana del dopo-Napolitano. Ancora tre giorni e, per giovedì 29 alle 15, le grandi urne di vimini e broccato carminio saranno state già solennemente sistemate dai commessi di Montecitorio al centro dell'Aula, per raccogliere i voti dei 1009 grandi elettori del
nuovo Presidente della Repubblica. Poco dopo le nove è iniziata la giornata del premier: la riunione con i deputati Pd, cui seguirà l'incontro analogo con i senatori. Il Pd proporrà agli altri partiti il nome di un candidato al Quirinale: niente terne, ma una propostasecca. Per le prime tre votazioni il Pd votercà scheda bianca. Lo ha spiegato Renzi, secondo quanto si apprende, nel suo intervento all'assemblea dei deputati. Il Pd, che ha 460 grandi elettori,non ha il diritto di veto. Ma il presidente non si fa "contro" ha detto ancora Renzi, sottolineando che bisogna tenere separate le vicende delle riforme e il voto per l'elezione del nuovo presidente dellaRepubblica. "Ciascuno si senta parte di questa partita", haaggiunto. Obiettivo riscattare quello che è successo nel 2013. "Lavotazione decisiva per eleggere il nuovo presidente dellaRepubblica sarà la quarta, che si svolgerà sabato mattina".ha detto Renzi all'assemblea Pd a Palazzo Madama, ribadendoche non sarà "un referendum sul governo né su di me". Renziha difeso il 'diritto al dissenso pur non facendo l'elogio delfranco tiratore (anche Ciampi ne ebbe 180, ha ricordato) e siè rivolto alla minoranza: "Non scommetto sulla vostra fedeltàma sulla vostra intelligenza". Poi da domani le consultazioni con gli altri partiti. Matteo Renzi è ancora davanti allo stesso bivio: scegliere un candidato forte, che non sia un signor nessuno all'estero e che conosca nel profondo i meccanismi della politica italiana; optare per una figura che, come si è ripetutamente detto in questi giorni, "non gli faccia ombra". In entrambe i casi è indiscutibile per il premier che debba trattarsi di un esponente
del Pd, "arbitro super partes", garante della Costituzione e
dell'unità degli italiani.
Veltroni, Amato, Prodi sono ancora oggi i nomi che stanno in
campo nella prima delle due ipotesi. In una fase di fragilità
della politica interna ed internazionale, con una crisi ancora
in atto e riforme appena avviate, esperienza politica a caratura
internazionale sono ciò che rassicura i cittadini (questo è il
motivo per cui Prodi e Veltroni restano in testa a diversi
sondaggi). Ed anche un 'rottamatorè come Renzi, allergico a
condividere la ribalta della politica e non troppo disponibile
ad affiancare il suo volto di politico 'nuovò a quello di chi
da tempo è in scena, può convincersi che sia utile avere al
fianco un politico puro, dalle doti simili a quelle di Giorgio
Napolitano, per reggere il timone della barca in eventuali
marosi.
Prodi non è una scelta possibile per il premier, per il quale
sarebbe però impossibile ignorare il nome del fondatore
dell'Ulivo, se questo uscisse dal segreto delle urne come
espressione forte di tutti gli "Anti-Nazareno". Per la stessa
ragione, essendo Amato la prima scelta di Berlusconi ed Alfano
gradita anche a bersaniani e dalemiani, il Dottor Sottile
potrebbe risultare simbolo di un suggello del Patto del Nazareno
al Colle e scatenare di nuovo i franchi tiratori nel Pd. Per
questo il premier punta in primo luogo sull'orgoglio dei 460
grandi elettori Pd, e si sonda discretamente se su Veltroni
l'unità sia raggiungibile, per poi costruire intorno a quella
una maggioranza più ampia che includa Fi e Area Popolare. "Non
siamo autosufficienti", continua a ricordare il vicesegretario
Lorenzo Guerini. Ma una cosa sarebbe sommare i voti di
Berlusconi e Alfano ai numeri già alti del Pd, altra cedere la
golden share a causa di un Pd lacerato.
Ma resta ancora possibile (per questo si susseguono una
girandola di altri nomi, da Mattarella a Grasso, da Finocchiaro
a Fassino, Chiamparino, Gentiloni, perché resta fermo il
principio di partire dal Pd) una scelta che consegni a Renzi il
ruolo di premier sempre più forte. Del resto il premier sta
predisponendo le cose perché la sua figura assuma sempre più la
forza di quella di un Cancelliere tedesco (come Angela Merkel
che Renzi ha incantato a Firenze con Botticelli, Michelangelo e
la pappa al pomodoro). La nuova legge elettorale, con il 55% al
primo partito, la riforma del Senato e molti degli altri
cambiamenti che il premier va attuando vanno nella direzione di
un premier fortissimo, con al Quirinale un mero custode della
Costituzione, della bandiera, dell'unità nazionale e dei simboli
della Repubblica. È il premier che deve scegliere. E, come
scrive oggi Eugenio Scalfari, se fa la scelta giusta il merito è
suo, ma se sbaglia anche la colpa sarà sua.