L’accordo tra la Grecia e i suoi creditori per l’esborso della prossima tranche (5 miliardi di euro) del prestito deciso a luglio scorso sembra avvicinarsi. Almeno a sentire i toni registrati ieri ad Amsterdam dopo un eurogruppo nel quadro dell’Ecofin informale. È stato infatti risolto il principale dissidio del momento tra europei e Fondo Monetario internazionale, e cioè sull’impatto delle misure richieste alla Grecia. Secondo Commissione Europea e Bce tali misure porteranno nel 2018 a un avanzo primario (al netto del servizio del debito) pari al 3,5% del Pil, il Fmi insiste che si fermerà all’1,5%. La quadra è stata trovata con un sorta di piano d’emergenza, che dovrà varare la Grecia, con misure aggiuntive (ancora da definire) del valore del 2% del Pil, ma da attuare solo se effettivamente non si sarà raggiunto l’avanzo primario stabilito. «Riteniamo – ha detto il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem – che sia stato fatto un sostanziale progresso, riducendo il numero di questioni aperte e arrivando vicini all’accordo in varie questioni chiave », citando pensioni, imposte sul reddito, crediti in sofferenza delle banche, un fondo per le privatizzazioni. Dijsselbloem ha parlato dell’«impegno del ministro greco» delle Finanze Euclide Tsakalotos sul piano di emergenza. Non tutti i problemi sono risolti, certo, ieri Tsakalotos ha fatto sapere che «nella legislazione greca non è possibile approvare delle 'misure di contingenza', cioè che entrano in vigore in un dato momento se una data cosa accade», ma non è parsa una chiusura secca, anzi il ministro ha spiegato che si stanno valutando «opzioni» per risolvere il problema. Se tutto andrà bene, potrebbe esserci un nuovo eurogruppo giovedì prossimo a Bruxelles dove, ha spiegato ancora-Dijsselbloem, «potremmo arrivare a conclusioni positive su due elementi: il pacchetto di salvaguardia e una seria discussione sulla sostenibilità del debito». Sullo sfondo, è proprio la questione della riduzione del debito greco, su cui insiste il Fmi ed è respinto seccamente dalla Germania. Ieri il direttore generale del Fondo, Christine Lagarde, è parsa suggerire una linea di compromesso. Premettendo che «i numeri che sono stati pubblicati da Eurostat sono migliori di quello che pensavamo», ha spiegato che «l’analisi della sostenibilità del debito ci guiderà verso un meccanismo che non richiederà un taglio del debito, ma probabilmente un
reprofiling (in sostanza un riscadenziamento n.d.r.) del debito con vari meccanismi», si parla di allungare le scadenze o anche di periodi di 'pausa' dei rimborsi. La speranza è che questa formula possa andare incontro a paesi come la Germania o l’Olanda, contrari al taglio del debito. Anche se ieri il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble ha ribadito che «l’alleggerimento del debito non è una priorità».