Uno dei migranti respinti sulla rotta balcanica. L'anno scorso ne sono arrivati 14.600 in Friuli.
Fino al 6 novembre scorso ben 14.600 migranti della rotta balcanica sono arrivati in Friuli-Venezia Giulia. Trieste è ormai chiamata la Lampedusa del Nordest. «L’aumento di ingressi a dicembre era del 57% rispetto al 2021, del 70% in città» ricorda il pordenonese Luca Ciriani, ministro per i rapporti col Parlamento, che accompagna proprio a Trieste il collega Matteo Piantedosi, titolare del Viminale. Dunque, «avanti con le riammissioni in Slovenia» insiste il governatore del Friuli, Massimiliano Fedriga, al tavolo in Prefettura con i ministri e il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica. C’è anche il sindaco, Roberto Dipiazza, che sollecita grandi centri di accoglienza, anziché quella diffusa, come in città. (Piantedosi usa il termine "riammissioni" per non usare "respingimenti", ndr)
«Riteniamo che quello delle riammissioni sia uno strumento legittimo e che sia doveroso riattivarlo e rafforzarlo – sostiene Piantedosi –. Va fatto con nostri partner. Riteniamo sia uno strumento perfettamente in linea con le norme europee e internazionali, applicato anche in modo bilaterale come con la Francia». «Chiediamo al Governo di porre fine a questa prassi illegittima e di rispettare la legislazione italiana e le convenzioni internazionali sul diritto di asilo» erano le raccomandazioni, un mese fa, di Magistratura Democratica, Arci, Asgi, Acli e Cgil. Per il ministro degli Interni, invece, serve «mantenerle e rilanciarle, anche con il supporto di alcune tecnologie. Per noi è pienamente legittimo, è uno degli obiettivi da perseguire». Immediata obiezione del Consorzio italiano di Solidarietà. «La natura informale delle riammissioni le rende quindi chiaramente illegali in qualunque caso e circostanza esse vengano fatte, trasformandole in deportazioni di fatto, incompatibili con un ordinamento democratico. Come avvenuto in passato agiremo in tutte le sedi necessarie verso ogni violazione della legalità».
Il ministro avrà già lunedì un bilaterale con la Turchia, ne auspica uno anche con la Slovenia, anche se «ci sono già proficue attività e un sistema interforze che ha rapporti proficui sullo sviluppo delle indagini e sugli strumenti di prevenzione dei traffici di migranti anche sulla rotta balcanica». Piantedosi auspica quindi che le pattuglie miste vengano rinforzate. In ogni caso, ha ammesso, «certe situazioni devono essere affrontate con sicura umanità, ma altrettanta fermezza e rigore». E per quanto riguarda il Paese vicino, Fedriga invita ad avere piena fiducia in Lubiana. «La Slovenia è un Paese europeo con profonde radici democratiche e un ordinamento interno in linea con le altre nazioni dell’Ue perfettamente in grado di tutelare i diritti civili, quindi non vi sono ragioni per contrastare le riammissioni verso la vicina Repubblica».
Un altro tema che viene affrontato è quello dei migranti minorenni non accompagnati, in merito al quale il governatore ha confermato «la necessità di un intervento per superare gli attuali problemi esistenti sotto il profilo legislativo». Quanto ai centri di accoglienza – con un’attenzione particolare ai 600 accolti nel Cpr di Gradisca – il ministro Ciriani ammette che queste strutture «stanno esplodendo». «Le proposte le faremo in Consiglio dei ministri e poi alla Camera. C’è già un decreto sulle Ong su cui si potrebbe intervenire per aggiungere altri emendamenti o norme». Linda Tomasinsig è la sindaca di Gradisca, area centrosinistra: «Ho parlato col ministro Piantedosi della situazione di Gradisca – fa sapere – partendo dal fatto che non vogliamo questi centri governativi ed è la nostra soluzione di partenza. Per quanto riguarda la contingenza ho chiesto di ridurre i numeri al Cara». «La capienza è di 200 e gli altri sono in tende e container, ci sono ancora persone non in accoglienza ed è necessario sistemare queste persone, non solo a Gradisca ma anche a Trieste e Gorizia» aggiunge la sindaca.
Il ministro annuncia la possibilità di riprendere i trasferimenti. Ciriani, dal canto suo, riporta in gioco un altro tema di una delicatezza unica. «Dobbiamo valutare – dice - come declinare il reato di clandestinità, non serve un dibattito accademico, ideologico: il problema è come mettere in sicurezza il Paese e le frontiere. È una necessità che sentono tutti i Paesi civili, non soltanto l’Italia». Ma su questo e sul resto le opposizioni non ci stanno: «Solo impegni generici e niente di concreto per il Friuli-Venezia Giulia e per i territori più esposti alla rotta balcanica come l’area triestina e isontina – è il giudizio della capogruppo Pd alla Camera Debora Serracchiani –. In sostanza, nemmeno l’annuncio di un poliziotto in più a implementare il personale che fa un lavoro sempre più pesante, nessun rinforzo alle strutture che smaltiscono le pratiche nelle questure, zero sostegno agli enti locali che si fanno carico di centri di accoglienza». «Non è accettabile che l’unica parola d’ordine sia “respingimenti”, mentre tante persone migranti, compresi donne e bambini, dormono ogni notte all’addiaccio nei pressi delle stazioni ferroviarie di Trieste e Gorizia» sottolinea il candidato del centrosinistra alle prossime regionali, Massimo Moretuzzo.