Il Tribunale dei minorenni di Roma
Crescono le proteste contro il progetto di riforma della Giustizia civile ora all’esame del Senato – 'Modifiche al codice di procedura civile e altre disposizioni per l’accelerazione del processo civile' – nel cui ambito si sta discutendo della soppressione o almeno della profonda riorganizzazione dei tribunali per i minorenni e delle relative procure minorili. Il disegno di legge è già stato approvato dalla Camera il 10 marzo dello scorso anno con alcuni importanti emendamenti. Quello più significativo porta la firma della presidente della Commissione giustizia della Camera stessa, Donatella Ferranti. Si tratta dell’emendamento 1.25 che in 18 punti ridisegna la struttura della giustizia minorile. Sono stati poi presentati altri emendamenti, ma nessuna delle ipotesi sembra soddisfare gli addetti ai lavori, secondo cui la trasformazione di tribunali e procure minorili in semplici 'sezioni' dei tribunali ordinari, si tradurrebbe in un danno per tutta la giustizia minorile. Intanto la riforma in discussione è stata bocciata dai presidenti dei principali Tribunali italiani e, all’unanimità, dal Csm. Al momento però la politica sembra sorda a qualsiasi proposta di modifica e tira diritto con il discusso progetto.
«Come pedagogista e giudice esperto presso il Tribunale per i minorenni di Messina, vi dico che l’approccio alle problematiche che via via si affrontano nelle aule e nelle camere di consiglio si configura come vero e proprio laboratorio pedagogico in cui le difficoltà, i problemi, i drammi anche, vanno fronteggiati, elaborati e gestiti in maniera sistematica e sistemica, cercando, là dove è possibile, di coinvolgere attivamente il minore e stimolandone la partecipazione per la realizzazione dei progetti».
Lo spiega Antonio Michelin Salomon, docente di pedagogia all’Università di Messina, tra i firmatari di un nuovo Manifesto contro l’abolizione dei Tribunali per i minorenni. Questa volta a scendere in campo contro la riforma del processo civile, nel cui ambito è prevista anche la 'razionalizzazione' della giustizia minorile, sono i docenti di pedagogia. L’iniziativa – che segue quella del Cnca e dell’Aimmf (Associazione dei magistrati per i minorenni e la famiglia) – è di Milena Santerini, deputata Des-Cd, e docente di pedagogia alla Cattolica di Milano. In pochi giorni il Manifesto dei pedagogisti ha collezionato oltre 100 adesioni. «Noi pedagogisti guardiamo al rischio chiusura con grande preoccupazione – osserva Santerini – perché la valenza dei tribunali per i minorenni è eminentemente educativa. Se venissero cancellati, tutta una lunga tradizione di giustizia minorile verrebbe meno e a rimetterci sarebbero innanzi tutto i minori più fragili». Pensare di giudicare adulti e adolescenti con lo stesso metro e, soprattutto, senza la specializzazione indispensabile di esperti capaci di mettere sempre al primo posto l’obiettivo del recupero educativo del ragazzo – sostengono i pedagogisti – rischia di impoverire il sistema. «Il Codice di procedura penale minorile – riprende Antonio Michelin Salomon – richiede che venga posta al centro dell’attenzione non l’eventoreato, ma un’opportuna valutazione della personalità del minore e delle circostanze che hanno determinato la condotta deviante».
I pedagogisti si chiedono come potrebbero essere trattate, senza una competenza specifica né presenza continuativa di giudici specializzati, tutte le materie 'civili', oggi di pertinenza del tribunale dei minorenni, che vanno dalle adozioni, agli affidamenti, alle decadenze della potestà genitoriali. «Così – prosegue il docente – verrebbero meno le professionalità che consentono agli operatori di giustizia di confrontarsi ad armi pari con problemi reali e pressanti che, lo ribadisco, sono sempre nuovi e richiedono soluzioni complesse ed originali che derivano dal conoscere dinamiche, problematiche e 'domande' che rischierebbero altrimenti di rimanere 'opache'».
Altre questioni delicate che richiedono competenza, delicatezza e conoscenze specifiche sono, per esempio, la sospensione del giudizio e della messa alla prova. «Qui – osserva ancora Antonio Michelin Salomon – vi è convergenza di interventi educativi e giuridici, anzi si considera prioritario l’approccio pedagogico rispetto a quello più specificamente criminologico e si sollecita tutta una serie di istituti giuridici atti a promuovere azioni formative, piuttosto che paternalistiche sanzionatorie o, peggio, punitive».
Quando ci si confronta con ragazzi e adolescenti, insomma, occorre mettere sempre da parte il principio ispiratore della 'giustizia retributiva' per lasciar emergere preoccupazioni come la promozione dei processi di responsabilizzazione, di evoluzione personale e di autostima da parte del minore. «Si tratta di un approccio coraggioso e importante che – conclude il pedagogista- giudice – non va considerato come una sorta di sconfinamento del 'pedagogico' nel 'giuridico', ma come una vera e propria assunzione di responsabilità non solo sociali, ma soprattutto educative nei confronti di quei minori che propongono comportamenti off limits. Ma, mi chiedo, come sarà possibile tutto ciò se chiuderemo i Tribunali per i minorenni».