mercoledì 21 gennaio 2015
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Se l’intento della minoranza Pd era quello di alzare il tiro sull’Italicum per strappare qualcosa di importante nella partita del Quirinale, si può dire che l’effetto, per il momento, è esattamente il contrario. Rischiano di non avere alcun ruolo nella scelta più importante della legislatura, quella per il nuovo capo dello Stato. E consegnano a Matteo Renzi il potere di fare un nome che il grosso del partito voterà con il sostegno di Berlusconi e Alfano, esattamente come accaduto al Senato sulla legge elettorale. Sembrerà un paradosso, ma il premier è improvvisamente "libero" dalla trattativa più faticosa, quella con Bersani e i dissidenti. A meno che i prossimi giorni non sanino le ferite e riconducano ad unità il mondo democratico. Ad essere indicativa è la scelta di Berlusconi di presentare nei primi tre scrutini un candidato di bandiera. È chiara l’intenzione dell’ex Cav. di aspettare la proposta del premier, di non forzare la mano, di non porre troppi paletti. D’altra parte il leader di Forza Italia sta incassando una legge elettorale favorevole, che ne salvaguarda la rappresentanza parlamentare in qualsiasi scenario (anche il peggiore). Palazzo Chigi dovrà solo avere l’accortezza di presentare un nome «potabile», «non ostile», da votare come nuovo presidente della Repubblica. Appena pochi giorni fa, lo scenario era totalmente diverso. Alla direzione democratica di venerdì scorso era emerso un metodo molto inclusivo. Il "nome giusto", era la promessa di Renzi, sarebbe venuto fuori dal dibattito del Pd e dunque sottoposto a tutti. Insomma, Bersani poteva giocare un certo ruolo nell’indicazione di una rosa o di un profilo. I numeri erano dalla sua parte. Per passare all’incasso, doveva però aiutare il premier a chiudere bene Italicum e riforma costituzionale. Così non è stato, qualcosa si è rotto. Nel valutarne gli inattesi "benefici" rispetto alla partita del Colle, il premier non sottovaluta però l’impatto dello strappo sulla legislatura, sul governo e anche sull’immagine del Pd tra gli elettori. Perciò, nel mentre cerca di ridurre al minimo il potere di veto di chi ha provato a bloccare le riforme, non rinuncia a riportare nell’alveo della maggioranza la gran parte dei dissidenti. L’ipotesi infatti di un "esecutivo del Nazareno" deve essere una circostanza estrema, davvero d’emergenza. Il colpo gobbo di Renzi sarebbe conservare una maggioranza parlamentare e mettere ai margini chi ha provato a frenarlo nelle ultime ore.
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