venerdì 21 aprile 2017
Dal giugno 2014 la Commissione non si è più riunita, non sono più stati pubblicati i report statistici, né erogati i rimborsi. Motivi? Sconosciuti
La parola fine su un triennio confuso per le coppie più accoglienti d'Europa
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Negli ultimi due decenni l’Italia è risultato il primo Paese d’Europa per numero di adozioni internazionali. Nel mondo, solo gli Stati Uniti si sono dimostrati più accoglienti di noi. Nonostante i costi elevati a carico delle famiglie e la complessità delle procedure, le adozioni sono aumentate fino al 2010, quando le famiglie italiane sono arrivare ad adottare quasi 5mila bambini in un anno. Poi la progressiva diminuzione, complice da una parte la crisi economica, i mutati atteggiamenti di molti dei Paesi di provenienza, e – almeno in parte – la battuta d’arresto nel funzionamento della Commissione adozioni internazionali in coincidenza con la nomina alla vicepresidenza, il 13 febbraio 2014, del magistrato Silvia Della Monica. Come è noto, e come abbiamo scritto più volte, l’attività della Cai nell’ultimo triennio si è di fatto azzerata.

La commissione non si è mai riunita, tranne una formale riunione di insediamento nel giugno 2014. Eppure, secondo quanto stabilito dalla legge, si tratta di un organo collegiale con compiti ben preci- si, in cui le decisione del presidente o del suo vice, devono essere ratificate collegialmente. Questo in tre anni non è mai avvenuto. Come non sono più stati pubblicati i report sulle adozioni, non sono stati più erogati alle famiglie adottive i contributi previsti dalla legge, è stata sospesa la linea telefonica dedicata alle famiglie e tanto altro ancora. La mancata convocazione della Commissione ha avuto conseguenze molto gravi sull’intero sistema delle adozioni internazionali. L’organismo ha il compito fondamentale di sovraintendere sull’operato degli enti accreditati – nel nostro Paese sono 65, troppi, quasi il doppio rispetto agli Usa – controllando la regolarità delle adozioni, ma anche collaborando con le autorità dei Paesi di provenienza.

Non solo, per avviare nuove adozioni e per offrire quindi più ampie possibilità alle famiglie che desiderano aprirsi all’accoglienza, la Cai deve promuovere d’intesa con il ministro degli Esteri nuove convenzioni con i Paesi esteri. Ma se la Commissione non si riunisce, non può svolgere nessuna di queste funzioni e quindi la tutela dei fondamentali diritti dei bambini adottati e delle loro famiglie è ad alto rischio. Difficoltosi, e in parte ancora tutti da chiarire, anche i rapporti tra la vicepresidenza uscente e alcuni degli enti accreditati con accuse pesantissime, anche penalmente rilevanti, che attendono però ancora di essere formalizzate. Nel mirino in particolare l’Aibi (Associazione amici dei bambini), il maggiore ente italiano, di ispirazione cattolica, responsabile secondo una ben orchestrata campagna di stampa condotta da un settimanale, di 'rubare bambini in Congo'.

Contro l’Aibi è stata avviata un’indagine amministrativa che però non è stata in grado di accertare alcuna irregolarità e, dopo alcuni mesi, è stata chiusa. Per quanto riguarda le altre accuse si è ancora in attesa dell’apertura di un’indagine formale.

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