Il caso di Serravalle Scrivia non è unico. In primo luogo, perché quello della McArthurGlen non è il solo outlet a rimanere aperto a Pasqua; inoltre, perché l’apertura del centro commerciale nella domenica di Resurrezione solleva problemi religiosi ma anche culturali, economici e sindacali. «Il lavoro domenicale, a maggior ragione se è la domenica di Pasqua, interpella la nostra coscienza di cristiani – ammette Pierangelo Raineri, segretario generale della Fisascat, il sindacato Cisl del commercio – ma anche sul piano puramente sindacale è inconcepibile un sistema privo di riposo festivo. Dopo la riforma di Monti è precisamente questa la prospettiva, che genera disagio e procede in senso inverso, rispetto all’economia, perché non attraversiamo una fase di grandi consumi e si debbono trovare soluzioni per aumentare il reddito, non le occasioni di acquisto». Il sindacato è unito in questa battaglia, che coinvolge quattro milioni di lavoratori dipendenti della distribuzione, il 10% circa impiegati nella Gdo.
L’atteggiamento, confermato anche dalla compostezza mantenuta durante la protesta di Pasqua, è dialogante: «A Federdistrbuzione abbiamo chiesto un confronto e non escludiamo di cogliere tutte le opportunità di lavoro ma - e lo diciamo subito - non possiamo pensare che il disagio delle famiglie dei lavoratori e la degenerazione verso un modello socioeconomico privo di regole possano essere 'coperti' da un incentivo».
Insomma, la festa non è in vendita, non solo in Piemonte: infatti, oltre allo sciopero di due giorni deciso dai 2500 lavoratori del Serravalle Designer Outlet, in contrasto alla decisione di aprire i negozi sia la domenica di Pasqua che il giorno di Santo Stefano, hanno incrociato le braccia per contrastare questa deregulation anche i lavoratori del commercio e della grande distribuzione organizzata in Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Puglia; nel Lazio è stato proclamato lo stato di agitazione; in Veneto, Marche, Abruzzo, Molise, Campania è stata organizzata una campagna di sensibilizzazione. Contemporaneamente, sono state annunciate altrettante manifestazioni di protesta contro le aperture dei negozi per 25 aprile, 1° maggio e 2 giugno.
La protesta ruota intorno alla deregulation decisa nel 2011 dal Governo Monti, che demanda la regolamentazione delle aperture 'liberalizzate' a una contrattazione di secondo livello che molto spesso non avviene. Non nei piccoli negozi, dove l’esiguità della forza lavoro rende impossibile il turn over; ma neanche negli outlet, che hanno un’organizzazione ibrida, nel senso che le aperture sono gestite centralmente ma il personale è contrattualizzato da ogni esercizio commerciale in modo formalmente indipendente.
Il caso Serravalle è emblematico di questo settore in cui il caos normativo introdotto dal Salva Italia si sovrappone alla mancanza di relazioni sindacali; anche in quest’occasione, del resto, i sindacati territoriali hanno richiesto non tanto di non aprire i negozi a Pasqua quanto di garantire, nell’ambito di accordi quadro, dei meccanismi di volontarietà della prestazione domenicale e festiva e maggiorazioni economiche che compensino il sacrificio. «Non facciamo demagogia contro la flessibilità del lavoro –ci spiega Raineri – ma una flessibilità regolamentata dai contratti collettivi di lavoro. E rivendichiamo il ruolo degli enti locali e delle rappresentanze sindacali - affermato dal titolo V della Costituzione e cancellato dal Salva Italia, ma confermato dall’esito del recente referendum costituzionale… - nella fissazione dei livelli essenziali sugli orari di apertura». Festa religiosa, orario di lavoro, salari e Costituzione: è fin troppo evidente che il caso Serravalle sia divenuto il crocevia di tante questioni insolute.
Che però possono trovare una soluzione, se le parti la cercano come l’hanno cercata nel caso di Esselunga. Fisascat Cisl, Filcams Cgil, Uiltucs e il gruppo italiano della grande distribuzione (22.500 dipendenti e 150 punti vendita, di cui 139 aperti di domenica) hanno raggiunto un accordo che è considerato l’apripista per un’intesa nazionale. Prevede una programmazione trimestrale del lavoro domenicale che, a detta dello stesso sindacato, «valorizza della disponibilità volontaria dei singoli lavoratori, in un’ottica di attenuazione dei carichi di lavoro in capo ai dipendenti e di miglioramento dell’efficienza organizzativa e della produttività aziendale».