«Aquesto punto la legge 40 è svuotata, quindi è necessario un intervento parlamentare e una riflessione profonda ». È questo il commento, che sposa l’idea del vuoto normativo, del ministro della Salute
Beatrice Lorenzin alla sentenza della Consulta di ieri. La pronuncia dei magistrati della Corte Costituzionale, dunque, per la titolare del ministero più direttamente coinvolto, non consegna un dispositivo in grado di agire da subito. La situazione che ora si è creata, prosegue, è un «evento complesso» che «difficilmente potrà essere attuato solo mediante decreti». Si attendono le motivazioni della sentenza. Intanto aggiunge la sua voce a favore dell’intervento parlamentare il collega di governo
Maurizio Lupi . Una posizione che trova consensi soprattutto nell’area Ncd -Udc- Pi. Ma anche tra esponenti di Fi e del Pd.
Eugenia Roccella (Ncd) annuncia nei prossimi giorni una proposta di legge per spronare la Camera a «trovare una sintesi sui tanti nuovi quesiti che ora si sono aperti». Sono di fatto «gravi problemi» che la legge 40 aveva evitato. Come il rischio di un mercato per ovociti e maternità surrogata. La decisione di ieri «e quelle con le quali sono state assolte le coppie che all’estero avevano fatto ricorso all’utero in affitto hanno aperto un grave vuoto normativo», incalza
Gian Luigi Gigli (Pi). Per il arlamentare-medico la Consulta è entrata «a gamba tesa» e ora vanno normati aspetti come la garanzia dell’anonimato dei donatori, il diritto del bambino a conoscere i genitori biologici e i doveri di questi verso di lui. Concorda il collega di partito
Lucio Romano. Per il medico, già presidente di Scienza & Vita, si aprono «scenari incerti». Il pronunciamento, infatti, sottomette «in maniera assoluta» la riproduzione alla «tecnoscienza». Parla di «scenari inquietanti » la senatrice di Ncd,
Laura Bianconi. E per il suo capogruppo,
Maurizio Sacconi, la Corte «concorre alla decadenza di quei principi naturali e dell’umanesimo » alla base della Carta. È la «prova provata» della sua «perdita di credibilità e autorevolezza».
Carlo Giovanardi si domanda «cosa ci stiano a fare Camera e Senato...». Parla di «grave attacco alla famiglia»
Paola Binetti (Udc), anche lei presidente di Scienza & Vita al tempo dei referendum. «A distanza di 10 anni sorprende tanta acrimonia verso un provvedimento che ha comunque reso possibile la nascita di moltissimi bambini, garantendo loro una famiglia», afferma. Per il ritorno alle aule si pronunciano, però, anche alcune esponenti del Pd che non hanno mai fatto mistero della loro contrarietà alla legge 40, ribadita in quest’occasione, come
Barbara Pollastrini e Anna Finocchiaro. L’ex ministro, tra i promotori del referendum del 2005, e l’ex capogruppo al Senato concordano: ora tocca al Parlamento legiferare. La pensano così anche le senatrici
Emma Fattorini e
Rosa Maria Di Giorgi . Fa un passo in più il collega di partito
Edoardo Patriarca che denuncia il rischio di un «far west, un vuoto normativo, che non fa bene né a chi vuole avere un figlio, né a chi si occupa di fecondazione assistita». Le sentenze della Consulta sono «sempre più incomprensibili e ideologiche», insorge Giorgia Meloni (Fdi). Da Forza Italia si fanno sentire il capogruppo in Commissione Sanità del Senato,
Luigi D’Ambrosio Lettieri e il vicepresidente di Palazzo Madama
Maurizio Gasparri. Il primo sottolinea i rischi per la salute femminile e quello di «inquietanti compravendite». Scenari «confusi» da «riportare su una strada equilibrata» alle Camere. Gasparri è netto: «Non si può decidere sul piano amministrativo, con delle circolari».