L'interno di un carcere
L'emergenza carceri continua. Un detenuto si è suicidato nel carcere di Rossano, in provincia di Cosenza. L'uomo, riferisce il sindacato della Polizia penitenziaria Sappe, si è impiccato all'interno della stanza utilizzando un rudimentale cappio, ricavato probabilmente dalle lenzuola.
"Ricordiamo che ogni anno - affermano Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe e Francesco Ciccone, segretario regionale - la polizia penitenziaria salva la vita a circa 1700 detenuti che tentano di suicidarsi. Questa volta, purtroppo, nonostante l'immediato intervento e ogni utile iniziativa per rianimare l'uomo non è stato possibile strapparlo alla morte".
Ma c'è un decesso anche ad Ancona: un 36enne tunisino è stato trovato morto intorno alle 6 di stamane nella sua cella nel carcere di Montacuto. A dare l'allarme sono stati i compagni di cella, inutili i soccorsi. E' il terzo decesso registrato dall'inizio del 2024 nell'istituto di pena anconetano. Il 5 gennaio si era ucciso in una cella di isolamento il 35enne Matteo Concetti. Nella notte tra l'11 e il 12 gennaio è morto per cause naturali un altro detenuto, un 41enne algerino, arrestato pochi giorni prima per spaccio di stupefacenti.
La polizia penitenziaria è invece riuscita a salvare un detenuto a Poggioreale: giovedì, nel tardo pomeriggio, un 30enne napoletano ha usato lo stesso metodo della vittima di Rossano: con le lenzuola si è impiccato alla finestra. Lo ha reso noto il segretario regionale Campania Con.si.pe Luigi Castaldo. Il tentativo di suicidio è fallito grazie al rapido intervento del personale di turno che, sentito il rumore dello sgabello mentre effettuava un giro di controllo, si è reso conto di ciò che stava accadendo.
"Ancora qualche secondo ed avremmo avuto il quinto detenuto morto dall'inizio dell'anno", dice Castaldo secondo il quale "è sempre più insostenibile il carcere nelle attuali condizioni: troppi detenuti e tra essi troppi psichiatrici che rendono il contesto ancor più sofferente e destabilizzante".
Per il sindacalista "urge una riorganizzazione dell'attuale sistema penitenziario che col passare del tempo dimostra i suoi fallimenti: poco personale di Polizia Penitenziaria, poche figure sanitarie specialistiche, pochi educatori, pochi psichiatrici e poco personale amministrativo. I tanti ritardi organizzativi e strutturali fanno del carcere di Poggioreale una polveriera umana che trova una piccola valvola di sfogo nella tanta umanità del poco personale di Polizia Penitenziaria a cui vanno i nostri elogi per aver ancora una volta salvato una vita, anche sé i risvolti di questi tragici eventi non sempre hanno un finale come quello di oggi".
Secondo i dati raccolti da Ristretti Orizzonti, i suicidi nel 2024 sono già 10 (più l'ultimo caso di Rossano). Nel 2023 erano stati 69, in lieve calo rispetto al 2022 quando si era toccato un picco di 84 casi. Nei primi 25 giorni di quest'anno si sono registrati in tutto già 29 morti dietro le sbarre (più quello di oggi ad Ancona). Numeri che testimoniano, una volta di più, una situazione che da tempo ha superato i livelli di guardia. "Una ecatombe drammatica rispetto alla quale - commenta Patrizio Gonnella, presidente dell'associazione Antigone - deve esservi l'obbligo morale e politico di intervenire, dare una scossa umanitaria al sistema penitenziario italiano. Chiediamo ai giornali, ai media, a tutta la stampa di occuparsi del carcere, dei suoi problemi, della vita dentro. Di favorire una narrazione che metta al centro i diritti umani. Nella solitudine e nel silenzio è più probabile che si consumino tragedie. Ogni suicidio è certamente un atto individuale che non va generalizzato. Quando però i numeri sono così impressionanti allora bisogna andare alla ricerca di cause di sistema".
Calcio libero - Per tentare di alleggerire la pressione carceraria può servire anche lo sport. Ieri il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il ministro per lo Sport e i Giovani Andrea Abodi e il presidente dell'Associazione italiana calciatori Umberto Calcagno hanno firmato un protocollo che prevede un percorso formativo-sportivo con il coinvolgimento di calciatori, ex calciatori e staff tecnici per favorire la socializzazione dei giovani detenuti negli istituti penali per minorenni.
L'intesa si inserisce nell'ambito del progetto "Sport per tutti - carceri", avviato nel maggio 2023 con l'intento di potenziare lo svolgimento di attività fisico/sportive e di formazione. L'accordo, che avrà efficacia fino alla fine del 2024 e sarà rinnovabile, prevede che nelle strutture individuate dal Ministero della Giustizia si svolgano preliminarmente incontri con ex calciatori che racconteranno la loro esperienza professionale; saranno seguiti da una preparazione di sei settimane di allenamenti, tenuti da staff tecnici selezionati dall'AIC per due ore settimanali, e da una partita di calcio conclusiva. Tre gli Istituti penali per minori individuati per questa prima fase, prima di uno sviluppo nazionale del progetto: Casal del Marmo (Roma), Beccaria (Milano) e Fornelli (Bari).
Sì all'affettività - La Corte costituzionale, con la sentenza n. 10 del 2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18 della legge sull’ordinamento penitenziario, nella parte in cui non prevede che la persona detenuta possa essere ammessa a svolgere i colloqui con il partner senza il controllo a vista del personale di custodia, quando, tenuto conto del suo comportamento in carcere, non ostino ragioni di sicurezza o esigenze di mantenimento dell’ordine e della disciplina, né, riguardo all’imputato, ragioni giudiziarie.
«L’ordinamento giuridico – ha affermato la Corte – tutela le relazioni affettive della persona nelle formazioni sociali in cui esse si esprimono, riconoscendo ai soggetti legati dalle relazioni medesime la libertà di vivere pienamente il sentimento di affetto che ne costituisce l’essenza. Lo stato di detenzione può incidere sui termini e sulle modalità di esercizio di questa libertà, ma non può annullarla in radice, con una previsione astratta e generalizzata, insensibile alle condizioni individuali della persona detenuta e alle specifiche prospettive del suo rientro in società».
La norma censurata, nel prescrivere in modo inderogabile il controllo a vista sui colloqui del detenuto, gli impedisce di fatto di esprimere l’affettività con le persone a lui stabilmente legate, anche quando ciò non sia giustificato da ragioni di sicurezza. La Corte auspica perciò un’«azione combinata del legislatore, della magistratura di sorveglianza e dell’amministrazione penitenziaria, ciascuno per le rispettive competenze», «con la gradualità eventualmente necessaria». La Corte ha precisato che la sentenza non riguarda il regime detentivo speciale del 41-bis, né i detenuti sottoposti alla sorveglianza particolare di cui all’art. 14-bis della stessa legge.