La riforma del fisco approvata lo
scorso 24 dicembre tornerà in consiglio dei Ministri per essere
rivista. È quanto stabilito dal premier Matteo Renzi per porre
fine alle polemiche sulla presenza nel provvedimento di una
norma "salva-Berlusconi" che potrebbe cancellare la condanna
dell'ex premier nel processo Mediaset e quindi ridargli la
possibilità di candidarsi. L'opposizione, M5S e Lega in testa,
ma anche la minoranza Dem, non risparmiano critiche al governo
definendo la svista "un regalo al Cavaliere previsto dal patto
del Nazareno".
Renzi interviene in prima persona: "Il nostro Governo -
assicura - non fa norme ad personam, non fa norme contra
personam. Fa norme che rispondono all'interesse di tutti i
cittadini". Visti i dubbi e le polemiche, però, il decreto
incriminato tornerà al consiglio dei ministri: "Di tutto abbiamo
bisogno - fanno notare fonti di Palazzo Chigi - tranne che
dell'ennesimo dibattito sul futuro di un cittadino, specie in un
momento come questo dove qualcuno teorizza strampalate ipotesi
di scambi politici-giudiziari, anche alla luce del delicato
momento istituzionale che il Paese si appresta a vivere".
A finire nel mirino è l'introduzione nel decreto attuativo
della delega fiscale di un articolo (il 19 bis) che prevede
l'esclusione della punibilità "quando l'importo delle imposte
sui redditi evase non è superiore al 3% del reddito imponibile
dichiarato". Un norma che - secondo alcuni giuristi -
permetterebbe al leader di Forza Italia di ricandidarsi in
quanto condannato per una frode fiscale di 7 milioni di euro,
pari a meno del 2% dell'imponibile di Mediaset. Se approvata -
viene spiegato - il Cav potrebbe chiedere la cancellazione della
condanna e degli effetti della legge Severino, ovvero i sei anni
di incandidabilità. Interpretazione che ha spinto Renzi a
stoppare i decreti della riforma e a riportarli in Cdm per
eventuali correzioni.
Il premier ha voluto smentire le ricostruzioni secondo cui
dietro la norma ci sarebbe un accordo con il leader di Fi: "Ci
fermiamo, non c'è inciucio. Se qualcuno immagina che in questo
provvedimento ci sia non si sa quale scambio, non c'è problema:
ci fermiamo. La norma la rimanderemo in Parlamento soltanto dopo
l'elezione del Quirinale, dopo che Berlusconi avrà completato il
suo periodo a Cesano Boscone".
Il diretto interessato, Silvio Berlusconi, non commenta
ufficialmente. Chi gli è vicino riferisce che l'ex premier si
dice sorpreso di essere stato tirato in ballo per una norma che
evidentemente non riguarda esclusivamente lui. "Se si ritira un
provvedimento per il sospetto che aiuti Berlusconi anche se
aiuta i cittadini, allora l'Italia è un Paese destinato a non
cambiare mai", è il commento polemico di Giovanni Toti.
L'annuncio dello stop da parte del premier non placa
l'opposizione. Gli attacchi vengono dal M5s e dalla Lega, ma
anche la minoranza del Pd insorge, aprendo un fronte interno
alla maggioranza. La minoranza dem chiede che il provvedimento
non venga solo rinviato ma completamente rigettato. Una nuova
grana per Matteo Renzi.