È convinto, Matteo Renzi, che la polemica sulle pensioni e su un’ipotetica manovra autunnale basata su «nuove tasse» non sia figlia del caso. Alle spalle ci sono «aspiranti politici che hanno sparato in libertà pur di riempire i giornali ad agosto», dice il premier al Tg5 serale lanciando il suo attacco a editorialisti, sindacalisti e voci della società civile che da tempo preparano lo sbarco sulla scena pubblica . Ma come al solito, il bersaglio preferito del premier sono le organizzazioni dei lavoratori: «Se hanno voglia di autunno caldo – dice ripetendo la minaccia di Susanna Camusso – facciano pure... L’estate è stata così così, se a ottobre c’è un po’ di caldo siamo tutti più contenti». Insomma, niente prelievo sugli assegni previdenziali. «Chiacchiere da calciomercato », chiosa Renzi. E il rischio di dover finanziare la legge di stabilità con nuovi balzelli fiscali? «Non ci saranno nuove tasse, anzi quello che abbiamo fatto con gli 80 euro per 11 milioni di italiani cercheremo di farlo per altre fasce. Ma va ridotta ulteriormente la spesa, visto che si spendono 800 miliardi e sono troppi». Insomma, non solo il premier allontana l’ombra di nuove tasse, ma lascia rientrare dalla finestra un’ipotesi che era stata cacciata dal portone principale: beneficiare con il bonus qualche categoria che ne era stata esclusa. Prima del voto europeo si parlava di famiglie numerose, partite Iva, pensionati. Si riapre qualche speranza, a patto che si trovino più dei 16 miliardi necessari per rendere strutturali gli 80 euro per l’attuale platea e finanziare le spese indifferibili per il 2015. Il puntello politico piazzato ieri da Renzi è però chiaro: le uscite della legge di stabilità saranno coperte solo con
spending review, l’Iva derivante dai pagamenti alle imprese e il risparmio dato dagli
spread bassi. E nella prima voce, quella dei tagli alla spesa pubblica, le pensioni non compaiono (anche perché, per legge, ciò che viene tolto agli assegni deve essere reinvestito nel sistema previdenziale. E d’altra parte questo prevede l’ipotesi originaria del ministro Poletti, secondo il quale un contributo da parte del 3 per cento dei pensionati più ricchi può risolvere il problema degli esodati). Si lavora dunque sugli acquisti di beni e servizi (specie nella sanità), sulle agevolazioni alle imprese (una torta da 30 miliardi), sulla riduzione e vendita delle partecipate, sugli immobili pubblici, sull’illuminazione stradale, sulle privatizzazioni. E sembra probabile - è già scritto nel Def - l’attuazione di un’altra delle misure contestate dai sindacati, l’estensione per altri due anni del blocco degli stipendi pubblici. «La sfida è dimostrare che si può ridurre la spesa pubblica senza scardinare lo Stato sociale », spiega la filosofia Filippo Taddei, responsabile economico Pd e consigliere del premier. Intanto infuria la polemica sul nuovo metodo di calcolo del Pil che gli istituti statistici europei - e dunque anche l’Istat - useranno a settembre. Includendo attività illegali come spaccio, prostituzione e contrabbando i dati macroeconomici miglioreranno: Nomisma calcola un progresso dello 0,1% per il deficit).