E la Corte Ue ha accontentato tutti e nessuno: le società dei Paesi Ue avranno facoltà di raccogliere puntate nell’intera area euro, ma potranno essere sottoposti a restrizioni per ragioni di ordine pubblico. In questo modo è stato ribadito il 'no' a norme nazionali che impediscano di fatto qualsiasi attività transfrontaliera nel settore del gioco d’azzardo. Ma per limitare il rischio 'far west' i giudici di Strasburgo hanno ritenuto possibile che un operatore già in possesso di licenza nel suo Paese debba ottenere, per offrire i suoi servizi in un altro Paese Ue, un’apposita autorizzazione delle autorità nazionali competenti.
La decisione della Corte riguarda il contenzioso apertosi tra i gestori italiani dei centri di trasmissione dati della società di scommesse austriaca 'Goldbet Sportwetten' e il ministero dell’Interno. I ricorrenti hanno avanzato ricorsi al Tar della Toscana invocando la violazione del principio del mutuo riconoscimento delle licenze dopo che la polizia non aveva concesso loro l’autorizzazione ad operare poiché la Goldbet non era titolare in Italia della necessaria concessione.
La giurisprudenza della Corte ha già giudicato che un sistema di concessioni può costituire un meccanismo efficace per prevenire l’esercizio di queste attività per fini criminali o fraudolenti. Spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare se il sistema di concessioni italiano risponda realmente all’obiettivo. Un’autorizzazione contribuisce chiaramente all’obiettivo di evitare che questi operatori siano implicati in attività criminali o fraudolente «e sembra una misura del tutto proporzionata a tale obiettivo», spiega una nota della Corte a corredo della sentenza.
Tuttavia, poiché le autorizzazioni sono rilasciate unicamente ai titolari di una concessione, «irregolarità commesse nell’ambito della procedura di concessione vizierebbero anche la procedura di rilascio di autorizzazioni». La mancanza di autorizzazione non potrà perciò essere addebitata a soggetti che non siano riusciti a ottenerla «per il fatto che essa presuppone l’attribuzione di una concessione, di cui i detti soggetti non hanno potuto beneficiare in violazione del diritto dell’Unione». Il giudice del rinvio italiano aveva chiesto alla Corte Ue di pronunciarsi sulla congruità con il diritto comunitario delle questioni sollevate dai ricorrenti.
Nella sentenza emessa ieri, i magistrati europei hanno sancito che l’obbligo di ottenere un’autorizzazione di polizia, oltre alla concessione rilasciata dallo Stato, per operare nel campo del gioco d’azzardo non viola le norme Ue. Mentre, in determinate circostanze - come già dichiarato in una sentenza del febbraio 2012 - non è legittimo prevedere distanze minime tra i centri di raccolta delle scommesse. Ed hanno rimandato al giudice del rinvio la valutazione del rispetto del principio di trasparenza delle condizioni e delle modalità di una gara per il rilascio di concessione, nonché delle norme relative alla decadenza delle stesse concessioni. I giudici europei hanno anche sottolineato che non è in vigore, a livello Ue, alcun obbligo di mutuo riconoscimento delle autorizzazioni rilasciate dai singoli Stati membri. C’è da stare certi che la 'lobby di azzardopoli' non mancherà di mettersi al lavoro per superare anche quest’ultimo ostacolo.