domenica 28 giugno 2015
Rassicurazione del sottosegretario all'Istruzione: la riforma non prevede alcun insegnamento, si parla solo di lotta contro la discriminazione. DOSSIER
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Il passaggio alla Camera per la riforma della buona scuola è previsto per il 7 luglio. Con molta probabilità un passaggio «blindato», dove non sarà possibile (per volontà politica) alcuna modifica al testo per evitare un ulteriore rinvio al Senato. Dunque il testo votato da Palazzo Madama - salvo sorprese difficili da immaginare - è quello definitivo. Se da una parte significa che si vuole procedere in tempo utile per l’assunzione di 100mila precari nel prossimo settembre per l’avvio del nuovo anno scolastico, dall’altra restano in sospeso alcune questioni che si sperava potessero essere risolte - o almeno affrontate - nel passaggio al Senato. Una di queste è la «questione di genere» sulla quale in questi giorni sui social si è aperto un preoccupato dibattito sull’ipotesi che nel testo approvato vi sia una sorta di apertura alla «teoria del gender » (ieri è anche partita sulla piattaforma CitizenGo una petizione online per l’«abolizione del comma 16 del maxiemendamento», giunta in poche ore a quasi mille firme). A dire il vero il testo dice che nel piano triennale si promuove «l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazione, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall’articolo 5» del decreto legge 93/2013, in cui sostanzialmente si ribadisce il medesimo concetto. «In questa frase non vedo il problema denunciato, il pericolo c’è nel momento in cui alcune associazioni interpretano questa frase volendo introdurre in modo evidentemente strumentale la teoria del gender nelle scuole», commenta il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi, aggiungendo di fatto un’altra voce rassicurante e vigile per le famiglie sulla questione. «Chi pensa che la scuola sia un’isola felice dove le discriminazioni anche pesanti non esistano, sbaglia – aggiunge Toccafondi –. Dall’altra parte sbaglia, e molto, chi pensa di in- dottrinare i ragazzi con la teoria secondo la quale non siamo uomini o donne ma ciò che vogliamo essere. Mentre sulla lotta alle discriminazioni non si discute, per la teoria gender se i genitori vogliono (e solo in questo caso) sarà loro compito e cura insegnarla. Costituzione alla mano (art. 30), sono gli unici 'titolari' della competenza in merito al 'diritto dovere di istruire ed educare i figli'».  Del resto lo stesso ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, proprio nel giorno dell’approvazione della riforma, aveva rassicurato i genitori annunciando un proprio intervento chiarificatore attraverso una circolare ministeriale. Impegno forte senza dubbio, anche se sarebbe bastato inserire la frase «con il consenso informato dei genitori» per eliminare qualsiasi problema. E soprattutto evitare «forzature» che nel passato si sono registrate in diverse scuole. La lettura del testo è comunque chiara e non vi possono essere deviazioni. Ai genitori e alle autorità scolastiche spetta una puntuale vigilanza.
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