Liberazione dalla dittatura fascista e dall’occupazione nazista, ma anche dai frutti avvelenati della guerra civile: odio, divisioni, pregiudizi, accuse reciproche. È il senso autentico del 25 aprile, non festa di parte ma di tutti gli italiani, spiegato ieri dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha ricevuto al Quirinale le associazioni combattentistiche e d’arma: «Possono ben riconoscersi nell’eredità spirituale e morale della Resistenza, che vive nella Costituzione, anche quanti vissero diversamente gli anni 1943-1945, quanti ne hanno una diversa memoria per esperienza personale o per giudizi acquisiti», ha sottolineato il capo dello Stato. Il ministro della Difesa Ignazio La Russa, cresciuto politicamente nella destra che sorse dalle ceneri della Repubblica sociale, era accanto a lui e, «molto contento», ne ha sottoscritto ogni parola: «La festa della Liberazione è una ricorrenza da tutti condivisa», ha detto, e «i valori della Costituzione sono oggi valori comuni». Da anni c’è chi chiede che quella odierna sia una giornata di pacificazione nazionale. Ma stavolta (eccezion fatta per alcune frange estreme e minoritarie, di destra come di sinistra) sembrano essercene anche i presupposti: il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e i leader dei due maggiori partiti d’opposizione, Dario Franceschini del Pd e Pier Ferdinando Casini dell’Udc, hanno scelto simbolicamente di celebrare la Liberazione stamattina a Onna (L’Aquila), paese ferito dalla ferocia nazista nel 1944 e dal terremoto nel 2009. Con ogni probabilità, nel suo discorso in Abruzzo il premier insisterà proprio sul concetto, espresso per altro anche lo scorso anno, del «senso italiano popolare e nazionale, un senso di libertà e di pace» del 25 aprile. Prima di partire da Roma, Berlusconi deporrà una corona all’Altare della Patria insieme al presidente Napolitano, mentre nel pomeriggio Franceschini sarà a Milano per la manifestazione nazionale. «Il 25 aprile 1945 resta una data che non può essere cancellata dalla memoria collettiva – ha sintetizzato il ministro dell’Interno Roberto Maroni nel suo intervento alla cerimonia di ieri al Quirinale – una data storica che ha aperto la strada alla rinascita del nostro Paese, nel segno di valori comuni che ancora oggi condividiamo ». Infatti, ha aggiunto Maroni, «le conquiste civili e politiche, lo sviluppo economico e sociale» raggiunti nel dopoguerra «discendono anche da quella data, che segna il momento della vittoria sul nazifascismo, conseguita grazie al decisivo apporto di tutti i cittadini italiani che lottarono e morirono per la nostra libertà». A tutti loro, che da civili o da militari contribuirono alla Resistenza, è andato il ringraziamento di Napolitano: «Il nostro ricordo, il nostro omaggio a tanto sacrificio si unisce all’impegno a non ripetere più gli errori del passato». Il presidente ha quindi conferito due medaglie d’oro per i meriti acquisiti durante la lotta partigiana alle Province di Genova e di Cesena-Forlì. Insomma, c’è chi parla di un 25 aprile «di svolta». È il caso del sindaco di Roma Gianni Alemanno, da sempre con orgoglio a destra, che oggi si recherà all’Altare della Patria, poi a Porta San Paolo per il corteo dell’Associazione partigiani, infine a Forte Bravetta per inaugurarne idealmente i lavori di restauro e farne «il luogo della memoria». E il segretario del Pd Franceschini si è augurato che il capo del governo, a Onna, «non vada per fare un discorso da cerimoniale, ma per dire anche lui quello che tutti gli italiani hanno detto per 50 anni: 'Viva la Resistenza, viva la Costituzione'». Tuttavia, c’è chi ancora non si fida. Per Antonio Di Pietro (Idv), quella di Berlusconi «è una mossa per comprare voti». Rosy Bindi invece la condivide ma, temendo «operazioni di revisionismo storico», starà «molto attenta alle parole» che il premier pronuncerà. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (Ansa)