lunedì 7 ottobre 2024
Il piccolo, 7 mesi, è residente nel Napoletano ma è nato a Cincinnati, negli Usa e ha quindi la doppia cittadinanza. L'ex-marito della donna l'ha portato via durante una vacanza in Puglia
Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani

Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani - Ansa

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È un triste copione che va in scena almeno trecento volte l’anno - tanti sono i minori sottratti da un genitore e portati all’estero contro la volontà dell’altro - quello raccontato in una lettera al ministro degli Esteri, Antonio Tajani, da Claudia Ciampa. Nell’appello la giovane madre, residente a Piana di Sorrento (Na), ripercorre la vicenda che ha per protagonista il figlio di sette mesi. Il piccolo, nato a Cincinnati (Usa), ma residente in Italia, con doppia cittadinanza, lo scorso 30 agosto, durante una vacanza in Puglia, è stato sottratto dal padre e portato negli Usa contro la volontà della madre.

«Sono disperata ed esausta, ho bisogno del Suo aiuto e del supporto di tutto il Governo per poter riabbracciare il mio piccolo Ethan», scrive la donna a Tajani per chiedere che la Farnesina intervenga e collabori con gli Stati Uniti per poter ricercare più efficacemente il figlio neonato, sottrattole «con l’inganno», secondo quanto lei sostiene.

«Si tratta di una situazione drammatica di non semplice risoluzione che ha bisogno anche di interventi in sedi diplomatiche internazionali», si legge in un altro stralcio della missiva in cui la mamma sottolinea che il suo bambino «è tenuto in una località segreta, probabilmente statunitense», lontano da lei che ancora lo allattava. Al massimo - aggiunge Claudia Ciampa - il padre «effettua una videochiamata al giorno» per far vedere per pochi istanti il bambini, «senza tradire in alcun modo la propria posizione».

Nei confronti dell'uomo c'è una denuncia per sottrazione internazionale di minore, presentata nella mattinata del 30 agosto. La vicenda legale è seguita dall’avvocato Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione avvocati matrimonialisti italiani, che ha attivato immediatamente tutte le procedure previste dalla Convenzione internazionale de L’Aja del 1980 nell’ambito della cooperazione tra Stati. Con una serie di messaggi in tv l’avvocato Gassani riferisce di aver cercato più volte di «ricondurre alla ragionevolezza il padre del bambino» chiedendo allo stesso tempo «anche l’intervento della Farnesina per una vicenda drammatica che si gioca non solo sul piano legale ma anche diplomatico tra due Stati».

Come negli altri casi di cui ci siamo occupati a lungo su queste pagine, la vicenda è di grande complessità e di non facile soluzione, sia per la difficoltà di avviare un procedimento giuridico in un altro Stato sovrano, sia perché la legge 64 del 1994 che ha recepito la Convenzione dell’Aja, appare secondo la maggior parte degli esperti, troppo garantista verso i genitori stranieri autori della sottrazione e troppo penalizzante per madri e padri italiani.

Inoltre la discrezionalità interpretativa della Convenzione è amplissima. Il giudice può opporsi alla richiesta di rientro se considera «fondato il rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile». O ancora, se accerta «che il minore si oppone al ritorno». Ma come valutare qual è l’opinione di un bambino di sette mesi? In questi casi solitamente le parti si affidano a perizie di esperti per la cui valutazione da parte dei giudici occorrono settimane, se non mesi, anche se la Convenzione parla chiaro. Il contenzioso deve concludersi in sei settimane. E poi ci sono vari gradi di giudizio.

In tanti Paesi europei, tra cui Francia e Germania, la decisione del primo grado non è subito esecutiva. Il bambino rimane nel Paese in cui è stato portato fino alla sentenza successiva. Su questo punto la Convenzione non si esprime e anche, negli Stati Uniti, che pure aderiscono alla Convenzione, le interpretazioni sono diverse. Nella maggior parte delle situazioni, i giudici sono indotti a sostenere le ragioni dei propri cittadini, tanto più che in questo caso si tratta di un bambino con doppia cittadinanza. Cosa succederà? Facile prevedere che senza un accordo tra i genitori, frutto magari di un’azione diplomatica che dovrà però concretizzarsi in tempi brevi, quel piccolo finirà per diventare grande lontano dal nostro Paese.

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