lunedì 30 marzo 2020
Saranno ospitati in strutture della diocesi di Milano. Si tratta di reclusi che possono scontare gli ultimi 24 mesi all'esterno ma non hanno un domicilio. Gualzetti: così accogliamo le parole del Papa
Il carcere di San Vittore a Milano

Il carcere di San Vittore a Milano - Ansa

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Carceri sovraffollate: un problema storico, in Italia. Che il coronavirus ha reso ancora più drammatico. Come hanno dimostrato le rivolte avvenute nelle scorse settimane in diversi istituti di pena. Un problema che rischia di «diventare una tragedia», ha denunciato papa Francesco domenica 29 marzo all'Angelus, chiedendo alle autorità di «prendere le misure necessarie per evitare tragedie future».

UNA CHANCE PER CHI PUO' SCONTARE LA PENA FUORI MA NON HA UN DOMICILIO

In questo scenario, ecco la nuova iniziativa organizzata da Caritas Ambrosiana e diocesi di Milano per dare una risposta – certo non risolutiva, ma concreta e, nel contempo, di grande valore simbolico – al problema del sovraffollamento in questa stagione di emergenza sanitaria. Ebbene: venti persone recluse in istituti di pena presenti nel territorio ambrosiano potranno scontare il resto della detenzione in strutture della diocesi. Il progetto, promosso dalla Caritas, è rivolto a quei carcerati «che possono scontare gli ultimi 24 mesi di detenzione all’esterno del carcere, ma sono sprovvisti di un domicilio – spiega un comunicato di Caritas Ambrosiana –. I beneficiari indicati dal magistrato di sorveglianza sconteranno il residuo di pena presso le strutture individuate dalla Caritas e saranno sottoposti alle misure di tutela previste dall’Uepe (l’Ufficio per l’esecuzione penale esterna). Continueranno, dunque, a essere a tutti gli effetti dei detenuti, soggetti a restrizioni della loro libertà personale e ai controlli di polizia». Venti, come detto, i posti individuati finora. Ma si lavora per farli diventare di più. I primi dieci reclusi coinvolti nel progetto, e che verranno accolti a partire dai prossimi giorni, vengono dalle case di reclusione di Opera e di Bollate e dalla casa circondariale di San Vittore.

GUALZETTI: L'ESECUZIONE ESTERNA DELLA PENA ABBASSA LA RECIDIVA

«L'emergenza coronavirus sta facendo venire al pettine tanti nodi irrisolti. Tra questi, quello del sovraffollamento del carcere che, a causa dell’epidemia in corso, potrebbe assumere caratteristiche tragiche», insiste Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana, rilanciando le recenti parole di papa Francesco. «Con questa nostra iniziativa – della quale Caritas sostiene i costi mentre la diocesi di Milano mette a disposizione le strutture – accogliamo l'appello del Papa. Vogliamo dare il nostro contributo, rafforzando ulteriormente il nostro impegno per garantire ai detenuti la possibilità di scontare la pena al di fuori dei penitenziari. Si tratta – ricorda Gualzetti – di una misura già prevista dal nostro ordinamento: tuttavia ancora troppo poco praticata nonostante la sua efficacia sulla riduzione della recidiva, vale a dire la probabilità che il detenuto commetta nuovamente il reato».

IN CARCERE AL TEMPO DELL'EPIDEMIA. SOFFERENZA CHE ACCOMUNA RECLUSI E AGENTI

Quale sia la situazione delle carceri al tempo dell'emergenza coronavirus, quali le sofferenze, quali le cause di preoccupazione, lo aveva spiegato lo stesso Gualzetti in un'intervista pubblicata da Avvenire la scorsa domenica 8 marzo. Parole pronunciate appena prima che scoppiassero le rivolte. «Una questione molto seria sono le caerceri», aveva detto il direttore di Caritas Ambrosiana riflettendo sulle implicazioni umane e sociali dell'epidemia. «Hanno sospeso i colloqui con i familiari, le attività e la presenza dei volontari, le misure alternative come il lavoro esterno. Questa situazione aumenta il senso di isolamento e di solitudine. È come se il carcere tornasse indietro, quando era un “corpo” del tutto separato dalla società. Il cronico sovraffollamento degli istituti, l'emergenza sanitaria e l'isolamento dall'esterno imposto per prevenire i contagi, stanno creando grandi difficoltà e sofferenze ai detenuti come agli agenti – testimoniava inoltre Gualzetti –. Fra i detenuti cresce anche la preoccupazione per i familiari: da un lato, hanno difficoltà ad avere contatti con loro, dall'altro sono allarmati da quello che apprendono in tivù. Sarebbe oppurtuno avere provvedimenti per accelerare l'accesso alle misure alternative, anticipare le scarcerazioni quando ve ne sono le condizioni, limitare l'aumento della popolazione carceraria», aveva auspicato infine il direttore di Caritas Ambrosiana. Perché l'auspicio non restasse sulla carta, ecco, ora, questa iniziativa che permette di accogliere venti detenuti nelle strutture della diocesi di Milano. Con la speranza di poter offrire, ad altri reclusi ancora, la stessa chance.

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