Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti con il commissario Ue Paolo Gentiloni - ANSA
È stato decisamente pesante per Giancarlo Giorgetti il primo Eurogruppo del 2024. Perché, a un mese dalla clamorosa bocciatura della ratifica della riforma del Mes da parte della maggioranza di centrodestra, l’irritazione degli altri partner è notevole. Ricordiamo che di 20 Stati che usano l’euro, 19 avevano ratificato la riforma, oltretutto già accettata e poi firmata, nel gennaio 2021, da un governo italiano. Il titolare dell’Economia ieri all’Eurogruppo è stato chiamato a una sorta di «informativa» di fronte agli altri ministri. Un quarto d’ora per quello che il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe ha definito «un resoconto fattuale e chiaro». Giorgetti ha illustrato il voto in aula, riproponendo la tesi italiana della necessità di una più profonda riforma del Mes. Ieri non c’è stato dibattito, ma gli umori sono chiari.
«Il ministro Giorgetti – dice Donohoe scuro in volto - ci ha aggiornati sulla situazione, naturalmente non possiamo fare progressi su questo fronte. La mancata ratifica significa che i nostri sforzi per costruire un'unione bancaria continuano a mancare di un sostegno comune al Fondo di risoluzione unico».
La riforma, in effetti, faceva del Mes il prestatore di ultima istanza (backstop, paracadute), in caso di devastanti crisi bancarie, nel caso non fosse sufficiente il Fondo di risoluzione per le crisi bancarie (interamente finanziato dagli istituti). Dunque, avverte Donohoe, «se l'Europa dovesse affrontare una difficoltà finanziaria seria in una banca, ci mancherebbe uno strumento veramente importante che aiuterebbe a proteggere i contribuenti, le famiglie e le piccole imprese dal costo» dei salvataggi.
Ancora più duro Pierre Gramegna, direttore esecutivo del Mes. «Deploro – attacca - la decisione del Parlamento italiano. È un'occasione persa per rendere l'area dell'euro più resiliente, ed è anche un'occasione persa per rafforzare l'unione bancaria».
Donohoe parla della necessità di «riflettere sulle conseguenze di quella decisione, continueremo ad interagire (con Giorgetti, ndr), ma lo faremo riflettendo il fatto che la ratifica è avvenuta altrove». Gramegna elenca già tre conseguenze. «La prima – spiega - è che il sostegno comune per il Fondo di risoluzione unico non sarà istituito e non potrà funzionare. È importante sottolineare che il backstop serve a proteggere il denaro dei contribuenti dall'utilizzo per il salvataggio delle banche, e che il Mes avrebbe dovuto quasi raddoppiare la potenza di fuoco del Fondo di risoluzione. Ciò non sarà possibile». Del resto, «anche l'Fmi ha sottolineato quanto sarebbe importante disporre del backstop in quanto rafforzerebbe l'unione bancaria». Secondo punto, «gli strumenti precauzionali del Mes rimarranno come sono nel trattato esistente del 2012. L'obiettivo era modernizzarli per mettere il Mes all’altezza di un mondo con nuove tipologie di crisi. Anche questo non sarà possibile». Terzo, «non saremo nemmeno in grado di attuare l'accordo che il Mes ha negoziato con la Commissione quando ci saranno nuovi programmi (di aiuti a Stati Ue in difficoltà finanziarie, ndr) da negoziare. E purtroppo le sinergie previste in questo accordo non saranno possibili».
«Certamente – commenta il commissario per l’Economia Paolo Gentiloni - c'è rammarico per la decisione (dell’Italia, ndr) ma, come si dice, il Parlamento è sovrano. Penso che però il rammarico debba tradursi anche nella spinta per trovare il modo per risolvere questa questione, perché non possiamo evitare una possibilità di utilizzo di queste risorse sostenuta dalla quasi totalità dei Paesi».
Quale soluzione? Il governo insiste sulla necessità di una riforma più profonda. Solo che, osserva una fonte di alto livello che ha partecipato all’Eurogruppo, «è difficile ora riaprire la discussione del Mes quando 19 Paesi su 20 hanno ratificato». Semmai, aggiunge, «nel nuovo Mes si possono evidenziare le funzioni migliorate rispetto al trattato attuale, dobbiamo aiutare Giorgetti a ratificare. Per farlo serve una narrativa positiva». Sarà arduo.
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