Migranti salvati a bordo della nave Mare Jonio (Ansa)
Si fa insostenibile per i 34 migranti della Mare Jonio la condizione a bordo. I naufraghi collaborano tra loro per sostenersi anche nelle attività quotidiane cooperando con l’equipaggio alla gestione dei servizi di bordo. Ma gli ultimi report sanitari confermano un contesto del quale ha preso visione ieri personalmente il personale ispettivo della sanità marittima salito a bordo della nave e che ha trasmesso una relazione alle autorità.
Poco fa Mediterranea ha preannunciato l’intenzione di denunciare di vari reati, a cominciare dall’omissione di soccorso e omissione dei propri doveri, le autorità competenti. Alla Capitaneria di porto è stato inviato un messaggio che, come di consueto, verrà inoltrato ai ministeri competenti. L’organizzazione ha formalmente diffidato il Comando generale delle Capitanerie di porto di Roma.
«Si torna a rappresentare che a bordo della nave Mare Jonio si trovano ancora 34 delle persone soccorse in data 28 agosto, donne e uomini che hanno riferito di essere state vittima di tratta e di reiterati atti di sevizie e torture nei campi di detenzione libici e che recano sul proprio corpo i segni tangibili delle violenze subite», si legge nell’ultimo messaggio partito dalla plancia del rimorchiatore adattato a operazioni di testimonianza e soccorso nel Mediterraneo.
«Il personale medico di bordo ha accertato che tutti i naufraghi soffrono di sindromi depressive legate al loro tragico vissuto, all'esperienza della morte di sei compagni di viaggio e all'attuale situazione di incertezza e di sospensione del diritto in cui versano, che integra pienamente, a nostro avviso, gli estremi del trattamento inumano e degradante». Perciò viene ricordata la recentissima pronuncia «emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari di Agrigento nella vicenda della nave Open Arms», nella quale è stato ribadito come, «sulla scorta delle Convenzioni internazionali» la responsabilità ricada «sullo Stato che per primo ha ricevuto notizia di persone in pericolo in mare fino a quando il Centro di coordinamento competente per l’area non abbia accettato tale responsabilità». E proprio La centrale di Roma aveva risposto per prima a Mare Jonio, che aveva scritto anche a Malta, fornendo poi le prime indicazioni sulle azioni da compiere.
Il gip di Agrigento ha inoltre ribadito che «l’obbligo di salvataggio delle vite in mare costituisce un dovere degli Stati e prevale sulle norme e sugli accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’Immigrazione irregolare. Le convenzioni internazionali in materia, cui l’Italia ha aderito, costituiscono infatti, un limite alla potestà legislativa dello Stato» e non possono costituire oggetto «di deroga da parte di valutazioni discrezionali dell’Autorità Politica, ponendosi su un piano gerarchico sovraordinato rispetto alla fonte primaria».
La situazione a bordo della Mare Jonio, «come comunicato nelle precedenti mail, si è ulteriormente aggravata anche a causa della mancanza di acqua di lavanda da numerose ore e delle conseguenti difficoltà legate alla gestione dell’igiene personale e dei locali, a fronte, peraltro, dalla presenza di 4 casi acclarati di scabbia». Per queste ragioni il comandante Giovanni Buscema e il capomissione Luca Casarini sono tornati a chiedere l’assegnazione di un Pos, un porto sicuro di sbarco, «con urgenza, affinché le persone a bordo siano messe in sicurezza e non si aggravi ulteriormente lo stato di compressione dei loro diritti fondamentali, con particolare riferimento alla loro salute fisica e psichica, riservandoci di adire tutte le vie legali per la tutela delle loro e delle nostre prerogative».