Le cose si rimettono in movimento, sulle unioni civili. Si va verso un maxiemendamento del governo e, a blindare la maggioranza, è probabile che si vada a un voto di fiducia. Lo ribadisce Matteo Renzi: «Tante polemiche, al solito, dopo l’ennesimo dietrofront di M5S che aveva assicurato il sostegno all’emendamento Marcucci e poi ha cambiato idea 20 minuti prima del voto decisivo», dice il premier nella sua
newsletter. «Non possiamo ritardare ancora l’approvazione della legge. Sono decenni che con tutte le scuse si rinvia, si ritarda, si rimanda. È arrivato il momento di decidere, anche a costo di usare lo strumento la fiducia», insiste Renzi, che sulle adozioni avverte: «No a bimbi di serie A e B». Intanto si ricompatta il Pd. Sposando la presa d’atto del premier - all’assemblea di domenica - dei numeri insufficienti e del «tradimento » grillino. In un fitto lavorio che fra i capigruppo Zanda e Rosato e il ministro Maria Elena Boschi (sondato anche il capogruppo al Senato di Ap Renato Schifani) è stata fissata la nuova 'linea del Piave', dopo la Caporetto di martedì scorso al Senato: via i due riferimenti alle adozioni (quello alle adozioni speciali, nel comma quinto dell’articolo 3, e quello dell’articolo 5 che dettaglia la
stepchild adoption) ma sul resto, sui riferimenti al matrimonio contenuti a- gli articoli 2 e 3, la nuova versione che il Pd è disposta a concedere è quella degli emendamenti di Giuseppe Lumia. Il capogruppo in commissione Giustizia, infatti, si era intestato - d’intesa con la ex relatrice Monica Cirinnà e la responsabile diritti del Pd Micaela Campana - alcuni interventi correttivi. Bollati, però come mero
maquillage dal partito di Alfano e che non convincono anche alcuni esponenti dello stesso Pd. A completare le 'offerte' agli alleati e anche ai riottosi interni una proposta di legge che dovrebbe partire alla Camera, per inserire un giro di vite contro l’utero in affitto nell’ambito della riforma delle adozioni che verrebbe messa in campo. Da Ap arriva l’apprezzamento del leader per la svolta politica presa ma c’è anche molta prudenza sulla trattativa neanche avviata. E che non potrebbe essere sottoscritta alle condizioni che il Pd oggi proporrà agli alleati. «Siamo soddisfatti, sta prevalendo il buon senso», dice Angelino Alfano. «Sì ai diritti- sottolinea il ministro dell’Interno - anche per le coppie omosessuali. Però, non mettiamo di mezzo i bambini che hanno bisogno di un papà e di una mamma. Ma non può essere una fotocopia del matrimonio», avverte Alfano, sostenendo che la continuità degli affetti (all’origine della
stepchild) è già garantita dalle leggi attuali. Il nodo sul piano tecnico lo spiega però il senatore Nico D’Ascola, avvocato penalista, che attende, per oggi, di vedere la proposta del Pd. Ma avverte: «Si finge di non capire che il vero nodo è il comma quarto dell’articolo 3». Quello, per intenderci, che in poche righe fa scattare centinaia di rinvii al matrimonio con la tecnica del rinvio al codice civile. Stabilendo che ove figura la parola 'coniuge' si dovrà aggiungere d’ora in poi, la «parte dell’unione civile». Spiega D’Ascola: «Se non si cambia il comma dell’equiparazione sarà gioco facile ottenere in seguito, per via giurisprudenziale la piena equiparazione, adozione compresa». E Maurizio Sacconi rincara la dose: «Se pensano di poterci proporre la soluzione Lumia noi non la votiamo». Concorda Paola Binetti: «Non basta lo stralcio della
stepchild». Monica Cirinnà, sul fronte opposto della trattativa, conferma che è questa la vera partita: «Poiché il cuore della legge risiede negli articoli 2 e 3 - spiega - esporre alle imboscate del voto segreto il riconoscimento di diritto pubblico della coppia, la tutela dei diritti sociali (come la reversibilità) sarebbe stato un rischio troppo grande». E 'promuove' l’iniziativa del governo dopo che nei giorni scorsi aveva avvertito che non avrebbe lasciato il suo nome su una proposta 'annacquata'. A un certo punto si era affacciato anche un diverso scenario: l’allargamento al centrodestra della trattativa, in particolare a Forza Italia, con una proposta emendativa di iniziativa parlamentare e non del governo, per modificare il testo, e conseguente rinuncia alla fiducia. «Ma non è stata avviata alcuna trattativa con noi - chiarisce il capogruppo di Fi Paolo Romani - mi pare quindi che si vada a un compromesso al ribasso, che non potremmo mai votare. A maggior ragione se ci sarà la fiducia». Ap vorrebbe ancora tenere aperta la porta a tutto il centrodestra, ma il Pd sembra aver scelto di un accordo limitato al perimetro della sola maggioranza, contando al massimo sul 'soccorso' della pattuglia di Denis Verdini.