Sintonia di priorità, di stile, di temi e anche di parole. Non può passare inosservata l’assonanza tra i discorsi del Papa e del Capo dello Stato a fine e inizio anno. Le priorità, anzitutto: nel messaggio augurale di Mattarella e in quello di Bergoglio per la Giornata della pace, così come nell’omelia e nell’Angelus di ieri, e ancora nelle parole giunte ieri in Vaticano dal Quirinale, si coglie l’attenzione che per entrambi va anzitutto a chi si trova nella situazione di bisogno e di vulnerabilità, le vittime di quelle che – dagli effetti perversi della crisi sull’occupazione al dramma delle migrazioni – il Papa definisce nella mattinata del primo giorno dell’anno come le «molteplici forme di ingiustizia e di violenza che feriscono quotidianamente l’umanità», effetti della «sopraffazione dell’uomo sull’uomo».
Espressioni in piena continuità con quelle che Mattarella ha pronunciato nella serata del 31 parlando agli italiani di «diseguaglianze» che «rendono più fragile l’economia» e di «discriminazioni» che «aumentano le sofferenze di chi è in difficoltà».
Se poi Mattarella riprende un tema caro al Papa denunciando le «speculazioni» e lo «sfruttamento incontrollato delle risorse naturali», è sull’immigrazione che i toni si fanno pienamente concordi: «Sotto i nostri occhi», dice il Papa nella prima Messa del nuovo anno, «moltitudini di uomini, donne e bambini fuggono dalla guerra, dalla fame, dalla persecuzione, disposti a rischiare la vita pur di vedere rispettati i loro diritti fondamentali».
Il cuore di Francesco batte per quel «fiume di miseria» arginato però dall’«oceano di misericordia che inonda il nostro mondo». Mattarella gli fa eco ricordando nel primo messaggio del 2016, rivolto non a caso proprio al Papa, «le migliaia di donne e uomini annegati nel Mediterraneo, i 700 bambini morti nella speranza di raggiungere un'esistenza serena, lontano dalla guerra e dalla miseria», tutti «muti e sofferenti testimoni di un fallimento drammatico».
Qui si tocca con mano la sintonia di preoccupazioni, che si fa palese nella scelta della stessa parola – «indifferenza» – scelta come asse del messaggio pontificio per la Giornata della pace e come desolato giudizio dal presidente quando nota che ormai dopo le iniziali ondate emotive le ripetute tragedie dell’emigrazione stiano passando sotto silenzio.
La stessa speranza nel prevalere del bene pervade anche le parole di Mattarella, quando citando proprio il Papa spiega quel che il concetto cristiano di misericordia può significare per tutti i cittadini: quello del Giubileo, dice infatti il capo dello Stato, «è un messaggio forte che invita alla convivenza pacifica e alla difesa della dignità della persona».
E aggiunge, in modo originale e sorprendente: «Con una espressione laica potremmo tradurre quel messaggio in comprensione reciproca, un atteggiamento che spero si diffonda molto nel nostro vivere insieme». E come non cogliere nella sua indicazione – nelle tre figure femminili indicate come «emblematiche» – anche di Nicole Orlando, la 22enne atleta paralimpica piemontese recente vincitrice di ben quattro medaglie d’oro, ragazza Down, smentita eloquente e radicale di quella «cultura dello scarto» che il Papa stigmatizza con frequenza?
Anche in questa sottolineatura si coglie la sintonia su quella che – nelle parole del Papa – è la necessità di «vincere l’indifferenza che impedisce la solidarietà» e di «uscire dalla falsa neutralità che ostacola la condivisione», e – nelle parole di Mattarella – è l’urgenza che continui a «estendersi e progredire lo sforzo di tutela nei diritti dei cittadini – e di tutti coloro che a vario titolo si trovano nel territorio nazionale – per una sempre più profonda e concreta educazione alla solidarietà e alla legalità».