martedì 9 giugno 2020
Agostiniani: «Giusto chiedere ai piccoli di rispettare le regole anticontagio, serve però equilibrio. Tra il rischio, basso per i bimbi, e il beneficio della scuola deve vincere il secondo»
“Apriti scuola!” recitano i cartelli del flashmob organizzato a Roma

“Apriti scuola!” recitano i cartelli del flashmob organizzato a Roma - Siciliani

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Anche il mondo dei pediatri s’è diviso, sul coronavirus. E ha intrapreso strade diverse, spesso tornando indietro e deviando, «perché questa malattia l’abbiamo incontrata per la prima volta tre mesi fa e ancora la conosciamo molto poco». Rino Agostiniani, vicepresidente della Società italiana di pediatria (Sip), dirige l’area Pediatria e Neonatologia della Asl Toscana Centro, che con Prato, Empoli e Firenze conta circa un milione e mezzo di abitanti complessivi, 7 punti nascita, 5 Pediatrie. Sa di cosa parla, quando a tema ci sono i bambini. «All’inizio, per esempio, siamo tutti partiti dalla similitudine tra il Covid e l’influenza: per quest’ultima – spiega – i piccoli sono a tutti gli effetti dei grandi diffusori, e lo sono perché fortemente sintomatici. Nella realtà dei fatti, però, abbiamo via via constatato che i bambini, di Covid, si ammalavano meno. Quando non si ammalavano del tutto. Studi scientifici e lavori hanno poi ufficialmente ridimensionato la portata di questo ruolo di “untori”».

La scuola intanto aveva chiuso definitivamente in Italia, senza ipotesi di “appello”...
Ed è stato giusto così. La scuola è stata chiusa non solo per evitare i rapporti tra i bambini, ma per bloccare tutto il mondo che ruota attorno alla scuola. Che è un mondo fatto di adulti. Ci sono almeno due certezze, due punti fermi che dobbiamo mettere sul tavolo di qualsiasi discussione sul coronavirus a oggi. La prima: abbiamo assistito (e stiamo ancora assistendo) a un evento straordinario, un’epidemia che ha stravolto la vita in ogni parte del Pianeta. Se in Italia adesso abbiamo una situazione migliore addirittura rispetto alle aspettative che abbiamo nutrito fino a qualche settimana fa, questo è dovuto al lockdown rigido che abbiamo adottato. Chiudere e fermare tutto, in sostanza, ci ha salvati.

La seconda certezza?
Riguarda proprio i bambini. I numeri che abbiamo ci dicono che tendono ad ammalarsi meno e quando si ammalano lo fanno in forma lieve. Non sappiamo ancora perché, lo stiamo studiando.

Questo, secondo alcuni, suggerirebbe di adottare delle misure meno restrittive in fatto di prevenzione. Parliamo per esempio dell’obbligo delle mascherine, è verosimile che con la ripresa della scuola i bambini sopra i 6 anni debbano indossarle per 8 ore al giorno?
Mi rendo conto che non sia semplice, e non voglio dare una risposta semplicistica su questo punto. Io credo che, come quest’estate durante le vacanze così a settembre, alla ripresa della scuola, sia necessario adottare misure equilibrate, utilizzando il buon senso. Mi spiego: come adulti, come genitori, in questo momento siamo chiamati a raccomandare ai bambini determinati comportamenti che saranno utili per il resto della vita. Tra questi ci sono lavarsi le mani, prestare attenzione a contatti con le persone che non conoscono, giocare in gruppi omogenei di gioco. Quest’ultima, per esempio, è una scelta rassicurante sia in termini di rischio (staranno sempre con lo stesso gruppo di bambini) che di rapida individuazione di eventuali contagi. D’altra parte è evidente che da un punto di vista pedagogico io non possa passare a un bambino il messaggio che i suoi giochi non possono essere toccati da nessuno, che con gli altri non deve giocare, che non deve avere contatti oltre che con le persone che conosce. Pagheremmo un prezzo altissimo, per gli effetti psicologici ed educativi di simili insegnamenti. E i bambini hanno già pagato troppo, perdendo ogni relazione sociale. Ecco perché ho parlato di equilibrio, di buon senso: dobbiamo procedere valutando anche le situazioni di volta in volta, di bambino in bambino, proprio come facciamo in medicina.

Sulle mascherine non si è sbilanciato, però...
La mia opinione è che l’uso debba essere gestito con saggezza, ricordandoci che stiamo parlando di bambini. E ricordando loro, sempre, che l’emergenza non è finita.

La scuola può restare chiusa oltre?

No, a mio avviso. Tra i due piatti della bilancia, quello del rischio da una parte e quello del beneficio necessario al futuro del Paese dall’altro, ora pesa senza dubbio di più il secondo.

È rientrato l’allarme su un aumento delle sindromi Kawasaki, infiammazioni rare nei bambini legate al Covid, lanciato dai pediatri di Bergamo qualche settimana fa?
Quell’allarme è stato utile per tutti. In Toscana, tuttavia, abbiamo fatto una rivalutazione di quello che è accaduto nei mesi scorsi confrontando i nostri casi coi 5 anni precedenti, senza trovare particolari cambiamenti.

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