Lo scontro di Roma fa paura a Toti e Maroni. Chiarimento su Milano Grandi manovre per ricostruire un centrodestra a trazione moderata ROMA Una smorfia di fastidio 'taglia' il volto di Silvio Berlusconi: «Salvini e Meloni ritroveranno la ragione». Una pausa leggera, un sorso di minerale, poi la spiegazione. «Sì, sosterranno Alfio Marchini al ballottaggio e lavoreranno al nostro fianco alle prossime elezioni politiche». Il vecchio capo di Forza Italia riassapora la politica e sceglie di tornare a costruire attaccando. «Matteo e Giorgia hanno fatto grossi errori, ma capiranno. Possiamo vincere Roma e ricostruire un nuovo centrodestra, tutto è nelle loro mani. Se capiscono bene, se no si condanneranno a una prematura scomparsa», sbotta chiamando per nome i giovani leader di Lega e Fratelli d’Italia. In poche ore c’è un quadro totalmente nuovo. La partita per il Campidoglio si riapre. E anche gli equilibri in vista del prossimo voto politico sembrano destinati a modificarsi profondamente. Augusto Minzolini, u- no dei senatori di Fi che aveva da subito scommesso sul ritiro di Bertolaso e su un patto tra Fi e Marchini, guarda al voto politico e spiega cosa sta succedendo: «C’è un’area centrale forte che sta prendendo forma. C’è Parisi a Milano, Marchini a Roma. E, in prospettiva, anche uno come Della Valle può essere della partita. Se Salvini e Meloni non fanno follie il centrodestra può tornare competitivo in un voto politico che io vedo già nella prossima primavera». Lo strappo di Roma rischia però di travolgere tutto. Di minare le prospettive di un nuovo centrodestra. «Da sfascio nasce sfascio. Se non si fermano non si sa davvero come andrà a finire », azzarda Maurizio Gasparri che 'bacchetta' il capo della Lega: «I toni di Salvini sono stati esagerati e scomposti ». Sono ore complicate e tese: la frattura romana ha aperto una guerra vera che scuote il centrodestra e che, per un’intera mattinata, fa paura alle giunte di Maroni in Lombardia e di Toti in Liguria. E che rischia di allargarsi addirittura a Milano dove Parisi è sempre più in testa. Ignazio La Russa e i capilista milanesi di Fratelli d’Italia chiamano a rapporto l’ex
city manager di Letizia Moratti che nei giorni scorsi aveva spiegato a Berlusconi che la carta Marchini poteva essere vincente. Il messaggio è fin troppo chiaro: a Roma pretendiamo neutralità assoluta. Il chiarimento alla fine c’è. Salvini tende la mano: «Parisi può stare tranquillo, a Milano c’è un progetto chiaro e condiviso». E anche Parisi prova a essere costruttivo: «Spero che a Roma, se non al primo turno almeno al ballottaggio, il centrodestra ritrovi le sue ragioni d’unità». Sarà proprio il ballottaggio di Roma il momento di svolta. Alfio Marchini guarda l’ultimo sondaggio arrivato in mattinata nella roccaforte romana di Largo Argentina e pensa solo a quel 5 giugno, il giorno del primo turno, il giorno della verità. Virginia Raggi è sempre in testa ferma al 27 per cento. Ma dietro ci sono lui e Giorgia Meloni al 20 e dietro ancora Roberto Giachetti del Pd al 19. Per lunghi secondi l’imprenditore prestato alla politica resta in silenzio. Poi capisce che nelle prossime 5 settimane tutti si giocano tutto. E che per lui la prima sfida è prendere voti a Giorgia Meloni. L’attacco deciso di Marchini è da leggere in questa logica. «La reazione scomposta di Meloni e Salvini svela il loro gioco. Per loro la vera partita sono le prossime elezioni nazionali; io continuo a pensare solo a come migliorare la vita dei romani». La strategia, ora dopo ora, è sempre più chiara: toni duri fino al 5 giugno, poi si aprirà la nuova partita. E allora l’interrogativo che oggi agita il centrodestra è uno solo: grande patto per il ballottaggio qualora o Marchini o Meloni riescano a farcela? Gasparri è perplesso: «Non sono affatto sicuro. Loro possono essere tentati da un accordo antipolitico». Si aspetta il primo verdetto, ma Marchini e Fi affinano la strategia. Sanno che Giorgia Meloni è un candidato forte soprattutto nell’area di destra e hanno pronte le prime contromosse. Una: il patto con Storace che nelle prossime ore potrebbe annunciare il suo sostegno a Marchini. Due: affidare la guida della lista di Fi ad Alessandra Mussolini. Ieri Berlusconi ha provato a convincere la nipote del duce. Per ora senza un risultato vero. La partita Meloni-Marchini anima, almeno per ora, la sfida per il Campidoglio. Virginia Raggi è avanti di sette punti e sa che il ballottaggio è a portata di mano. Ma sa anche che la sfida finale si complica terribilmente. Soprattutto se tra i suoi inseguitori dovesse prevalere Marchini, un 'non politico' e, soprattutto, uno in grado di prendere voti nell’elettorato di centrosinistra. È per questo che attacca il patto Fi e il ritiro di Bertolaso con una sola parola: «Inciucio». Resta Roberto Giachetti. Il candidato del Pd sembra oggi il meno forte dei quattro, ma Matteo Renzi potrebbe presto di scendere in campo per sostenerlo. Più che un auspicio è una certezza, ripetono ai piani alti di palazzo Chigi, perchè Sala a Milano è in netto svantaggio, Valeria Valente a Napoli pare spacciata e perdere tre città su quattro sarebbe un problema grande per il presidente del Consiglio.