martedì 5 aprile 2016
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ROMA Onorevole, perché prevedere una proroga automatica e senza scadenza delle trivellazioni vicine alla costa? «Stiamo parlando di impianti già autorizzati e attivi da molto tempo, attraverso concessioni che in buona parte scadono entro il 2020 – risponde Chiara Braga, responsabile nel Pd per l’Ambiente –. È del tutto ragionevole dal punto di vista dell’efficienza che questi impianti vengono mantenuti in uso. Non dimentichiamo che danno lavoro a circa 5mila persone e che per ragioni di sicurezza è meglio disattivare un impianto alla fine del suo ciclo di attività. Sì ma quando le concessioni furono rilasciate si fissò un limite temporale. Senza alludere a nulla di illecito, l’automatismo del rinnovo senza scadenza non può essere visto come una sorta di regalo? Stiamo parlando di concessioni rilasciate 20-30 anni fa, quando le tecniche erano meno avanzate, e già la vecchia normativa prevedeva rinnovi automatici per 5 anni. Va sottolineato che il referendum riguarda i soli impianti esistenti, non nuove trivellazioni. Mentre la norma da noi inserita nella legge di stabilità impone il divieto assoluto di nuove estrazioni entro le 12 miglia dalla costa e nelle aree protette. Non mi sembra un regalo ai petrolieri. La posizione del governo non rischia di apparire un passo indietro sulle posizioni dello stesso Pd in tema ambientale e sulle scelte per un’economia sostenibile sostenute dalla comunità internazionale? Il referendum non è uno scontro tra chi è a favore del petrolio e chi è a favore delle rinnovabili e non ha nessun impatto immediato sull’obiettivo di una transizione energetica orientata alla sostenibilità ambientale. Se vince il sì non spunteranno come funghi il giorno dopo nuovi impianti di energia rinnovabile. Il nostro fabbisogno energetico va coperto e la transizione governata. Non è certo con questo quesito che si cambia la strategia energetica del Paese sulla quale invece a mio parere va riaperta la discussione, perché al vertice di Parigi sul clima abbiamo preso degli impegni e ora dobbiamo fare le scelte conseguenti. La direzione Pd è a larga maggioranza a favore del mantenimento della norma. Ma a promuovere il referendum sono state anche diverse Regioni targate possibile? È vero, abbiamo avuto anche cinque Regioni a guida democratica che hanno preso l’iniziativa. C’era una contrapposizione legittima, si trattava però di sei quesiti, cinque dei quali sono decaduti. Questo significa che il governo ha già dato risposte su quasi tutte le questioni aperte. Dubito che ora tutti i promotori chiederebbero di andare al referendum per il solo quesito rimasto in piedi. Perché l’indicazione dell’astensione e non piuttosto una chiara campagna per il no all’abrogazione della norma? Non è meglio che i cittadini partecipino, specialmente in tempi di disaffezione dalla politica? È un referendum abrogativo, il raggiungimento del quorum è stabilito dalla Costituzione. L’astensione è l’espressione di un dissenso nel merito del quesito, ma anche sulla scelta dello strumento referendario, che consideriamo fuorviante e non utile per governare la transizione energetica. © RIPRODUZIONE RISERVATA Pd. Perché questa contraddizione, non c’era mediazione
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