«Guidi deve essere solo la prima mela marcia che precipita giù dall’albero per questa vicenda. Non dobbiamo accontentarci: bisogna puntare a far cadere Boschi. Perché se crolla lei, a quel punto sarà la fine del governo Renzi». Telefono bollente sull’asse Milano-Genova. Casaleggio e Grillo, fin dalla sera dell’altro ieri - non appena le agenzie diffondono la notizia delle dimissioni del ministro dello Sviluppo economico - si confrontano per impostare la linea. Contatti frenetici anche con Roma, dove il tridente di punta del direttorio (Di Maio-Di Battista- Fico) non vede l’ora di scagliarsi all’attacco di Palazzo Chigi. La strategia concordata all’interno Movimento 5 Stelle è fin troppo chiara: incassare il massimo 'dividendo politico' dalle carte che emergono dall’inchiesta della Procura di Potenza. «Stavolta la spallata decisiva a questo governo è davvero possibile», fantasticano in coro i big pentastellati nelle loro conversazioni private. Il tentativo di 'scacco matto' a Renzi comincia a prendere forma di buon mattino. L’ex comico dal suo profilo Facebook guida la carica: «Boom, salta tutto!». Si osa di più rispetto all’idea iniziale di una mozione di sfiducia circoscritta al solo ministro Boschi. Si pensa in grande. Un post sul blog firmato dal vicepresidente della Camera rincara la dose e alza il velo sulle reali intenzioni: «Il M5S presenta una mozione di sfiducia a tutto il governo. Chi vuole mandare a casa Renzi? Tutti dicono di volerlo. La minoranza Pd ci sta o vuole tenersi la poltrona? La Lega lo vuole? Tutti coloro che si oppongono a Renzi votino con noi». Il documento verrà presentato martedì a Palazzo Madama. Ma quello del massimo rappresentante del M5S nelle istituzioni è un vero e proprio invito rivolto alle altre minoranze per fare fronte comune in Parlamento. «Siamo alla prova dei fatti – ribadisce il giovane leader campano a margine di un convegno a Montecitorio –. È in discussione l’intero esecutivo in questo momento perché è inadeguato e ha sempre messo nei ruoli di comando persone al soldo delle lobby o che pensavano agli interessi personali». La reazione del Pd arriva a stretto giro. L’appello dei Cinque Stelle viene bollato con un commento stringato dal vicesegretario dem, Lorenzo Guerini: «È semplicemente patetico». Nel frattempo, però, si riscontrano pure le prime, timide adesioni. «Come Lega siamo pronti a votare la mozione di sfiducia al governo anche domani. Ma vogliamo scriverla insieme», è il sì condizio- nato di Matteo Salvini alla proposta grillina. Un vincolo che non fa breccia nel M5S. «Se vuole voti la nostra mozione, ma insieme non scriviamo niente. Al massimo ti fai un selfie...», controbatte Roberto Fico al leader del Carroccio. L’asse M5S-Lega, insomma, si rompe ancor prima di nascere. A quel punto volano gli stracci. «I Cinque Stelle sono solo dei chiacchieroni. È evidente che l’unica cosa che gli interessa è proteggere questo governo», è la replica piccata dei capigruppo della Lega Nord nelle due Camere, Centinaio e Fedriga. Trascorrono pochi minuti, ed ecco il secondo rifiuto. Pure la minoranza dem si chiama fuori dall’offensiva contro il premier e la sua squadra, definendo quella pentastellata «propaganda politica, che serve a fare un po’ di campagna elettorale a buon mercato». Concetto rinforzato dalla risposta perentoria del deputato bersaniano Davide Zoggia: «Appello respinto al mittente. Non ci sarà mai una firma della minoranza Pd per far cadere un governo del Pd». I panni sporchi, dunque, verranno lavati in casa. Del resto, l’attesa per la resa dei conti sarà di poche ore: lunedì è convocata la direzione del partito. Alla fine, soltanto il capogruppo alla Camera di Forza Italia, Renato Brunetta, sembra non chiudere la porta in faccia a Grillo, pur non citando espressamente l’atto parlamentare del M5S: «Come abbiamo già fatto in passato, firmeremo assieme a tutte le altre opposizioni le mozioni di sfiducia nei confronti dell’esecutivo». È un’apertura, certo, ma resta isolata. Così il piano di formare un blocco granitico delle opposizioni si rivela una chimera. Nelle varie minoranze parlamentari, la voglia di intestarsi la campagna contro il governo è più forte della tentazione collaborativa. Risultato: ognuno va avanti dritto per la sua strada. Il M5S continuerà certamente a cavalcare l’onda dello scandalo lucano sugli scarti petroliferi nei prossimi giorni. Ma il bombardamento contro Renzi si articolerà su più fronti. Non a caso, una delegazione – con in prima fila Di Maio e Di Battista – tra 48 ore sarà a Firenze. Un blitz a Palazzo Vecchio per chiedere la verifica delle spese effettuate dal premier quando era sindaco del capoluogo toscano. L’attuale primo cittadino, Dario Nardella, ironizza: «Dormiremo lo stesso». Poi aggiunge: «Se vi saranno altre richieste, nonostante la pronuncia di due diversi organi giudiziari, il Comune valuterà se e come rispondere». Per Di Maio, Renzi dovrebbe far luce «su circa 500mila euro di spese» e «pubblicare le ricevute». Richiesta di esibizione di scontrini, una mozione per mandare 'tutti a casa' e una voglia matta di tenere sempre più alta la bandiera dell’onestà. Per la corsa alle amministrative i grillini hanno già scelto di puntare soprattutto sui vecchi cavalli di battaglia.
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