La pandemia ha aumentato la povertà e i poveri in Lombardia. Ha colpito persone e famiglie – più di tutte le famiglie numerose – nel lavoro e nel reddito. Ha innescato o fatto emergere fragilità, solitudini, povertà educative e relazionali, non solo economiche. Che pure restano gravi: si pensi al crescente sovraindebitamento delle famiglie. E ha messo a dura prova il welfare lombardo. Per questo serve fare di più e fare meglio, in materia di politiche di contrasto alla povertà. Serve anzitutto una lettura più profonda e accurata di un fenomeno multidimensionale come la povertà. E serve ridurre la frammentazione fra politiche e interventi, far interagire meglio misure regionali e nazionali, semplificare l’accesso dei potenziali beneficiari, legare meglio i percorsi di inclusione sociale e inserimento lavorativo. Serve fare rete fra tutti i soggetti nei territori e nelle comunità – istituzioni, sindacati, terzo settore, aziende e così via. E serve giocare la carta delle risorse del Fondo sociale europeo. Ecco, in sintesi estrema, quello che chiedono Cgil, Cisl, Uil e Anci (Associazione nazionale Comuni) della Lombardia nella lettera inviata nei giorni scorsi all’assessore regionale alla Famiglia e Solidarietà sociale Alessandra Locatelli.
È la prima volta che sindacati e Anci si rivolgono ad una sola voce a Palazzo Lombardia per condividere proposte e orientamenti in vista della «definizione delle linee di sviluppo delle politiche regionali di contrasto alla povertà». È, questo, uno dei primi frutti del protocollo sottoscritto il 28 luglio scorso da sindacati e Anci. Lo ha preceduto l’avvio, a inizio ottobre, di un Osservatorio per il monitoraggio delle povertà e delle fragilità. La sfida della povertà chiede più che mai di fare rete e di tessere alleanze: Comuni e sindacati provano a dare il buon esempio.
Di fronte ai «rischi di povertà ed esclusione» innescati o aggravati dalla pandemia, alla luce delle iniziative anti povertà sperimentate negli anni, sindacati e Anci chiedono anzitutto di «favorire una più efficace interazione fra le misure regionali e nazionali, attraverso una ricomposizione degli interventi di prevenzione delle fragilità, di contrasto alla povertà e all’estrema marginalità». Si suggerisce poi di «promuovere all’interno degli indirizzi un approccio multidimensionale della povertà, anche in sinergia con gli assessorati di competenza», e di «assecondare una condivisione delle best practices – le "buone pratiche" – così da rendere fruibili in modo uniforme le prestazioni sull’intero territorio regionale». Altro punto qualificante: «consentire un sistema di accesso semplificato per i soggetti beneficiari delle misure sociali regionali». Ebbene: «nell’ottica di realizzare un accesso semplificato alle diverse misure regionali – sociali, abitative, sanitarie, della famiglia, del lavoro e della formazione – sarebbe utile un intervento coordinato degli assessorati». Infine: la lettera – firmata dai segretari regionali Cgil, Monica Vangi, Cisl, Paola Gilardoni, e Uil, Eloisa Dacquino, con il presidente del Dipartimento Welfare di Anci Lombardia, Guido Agostoni – suggerisce alla Regione, «allo scopo di migliorare il sistema di presa in carico», di «integrare, a valere sul proprio bilancio, le risorse da finalizzare al rafforzamento dei servizi di contrasto alla povertà, con la possibilità, in aggiunta, di impiegare risorse del Fondo sociale europeo».
Le famiglie numerose quelle più in difficoltà
Nel 2019, prima della pandemia, secondo l’ultimo Rapporto Polis Lombardia, «oltre 250mila famiglie lombarde si trovavano in condizione di povertà assoluta, e nel 2020 l’incidenza della povertà relativa (Report Istat), che indica le persone a maggior rischio di esclusione sociale, era pari al 6,7% della popolazione lombarda. Numeri tendenzialmente in costante crescita soprattutto tra le famiglie numerose, con almeno due figli minori e straniere». Così si legge nel testo che Cgil, Cisl e Uil hanno inviato alcuni giorni fa all’Alleanza lombarda contro la povertà.
Covid, i numeri del (crescente) impatto sociale
Secondo i dati Inps gennaio-agosto 2021, i nuclei familiari beneficiari in Lombardia di almeno una mensilità di Reddito di cittadinanza, Pensione di cittadinanza e Reddito di emergenza (Rem) «sono stati 147.898 rispetto ai 144.316 della scorsa annualità, ai quali si aggiungono i 61.905 beneficiari del Rem per un numero totale di persone coinvolte rispettivamente pari a 302.611 e 135.709». La «crisi economica sociale» connessa alla pandemia, annota il documento dei sindacati all’Alleanza contro la povertà con le proposte per la definizione delle linee guida regionali 2021-2023 in materia, «ha reso più difficile per i genitori la gestione della prima fase del ciclo di vita familiare dei minori». Preoccupanti gli «ultimi dati» diffusi dal Banco Alimentare: «nel 2020 il 24,3% dei loro assistiti sono stati minori».